«Si è vero, io sono il vostro principale oppositore», dice con tono di sfida Emmanuel Macron. Dalla Danimarca, dove si trova per un viaggio di tre giorni che prevede anche una tappa in Finlandia, il presidente francese risponde a muso duro a Matteo Salvini e Viktor Orbán che martedì a Milano lo hanno indicato come «il capo del partito dell’immigrazione» in Europa. E a sua volta sfida i due sovranisti: «Non cederò nulla ai nazionalisti e a coloro che sostengono questo discorso di odio», assicura.

Sì, è decisamente partita la campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo mese di maggio. E gli schieramenti destinati a darsi battaglia si stanno delineando con sempre maggiore chiarezza. Ieri all’italiano e all’ungherese si è aggregata anche la francese Marine Le Pen, per ovvi motivi la più interessata di tutti ad attaccare l’inquilino dell’Eliseo. Per la presidente del Rassemblement national, l’ex Fn, nel 2019 gli europei saranno chiamati a scegliere «fra l’Ue di Macron, verso il federalismo e l’immigrazione di massa, e l’Europa delle nazioni libere, delle identità nazionali e delle protezioni che noi rappresentiamo».

Non è certo a lei, però, che Macron si rivolge rispondendo da Copenhagen ai giornalisti che gli chiedono un commento sulla sfida lanciata dai sovranisti. «Se si ritiene che in Francia ci sia il nemico del nazionalismo – dice – della politica dell’odio, dell’Europa che deve pagare quello che ci piace e che non imporrebbe alcuna forma di responsabilità e solidarietà, allora hanno ragione».

Probabilmente in questo momento le provocazioni di Salvini e Orbán sono le ultime cose alle quali il presidente francese vorrebbe pensare. Le dimissioni a sorpresa dal governo dell’ecologista Nicolas Hulot e gli strascichi del caso Benalla, il consigliere filmato mentre picchia alcuni studenti al fianco della polizia, rappresentano grane sufficienti a rovinargli la vacanza. Senza parlare che al rientro a Parigi dovrà fare i conti anche con le accuse di presunti abusi edilizi rivolte alla ministra della Cultura Francoise Nyssen.

Non rispondere equivarrebbe però a regalare agli avversari un vantaggio insperato. Anche in vista della scadenza del 2019 e perché, forse mai come in questo momento, l’Unione europea è stata così a rischio. «Nei prossimi giorni e nei prossimi mesi – avverte quindi Macron – dovremo prendere delle decisioni approfondite per trattare i temi delle migrazioni, questo implica serietà e spirito di responsabilità restando attaccati ai nostri valori come il diritto di asilo, con una vera politica nei confronti dei Paesi di origine. Non è ciò che propongono Orbán e Salvini».

In vista delle elezioni anche il fronte anti-sovranista comunque prova ad organizzarsi. Il viaggio in Danimarca e Finlandia serve al presidente francese anche per provare a costruire uno schieramento progressista in Europa da contrapporre ai populisti. E per quanto informale il primo banco di prova sarà il Consiglio europeo del 20 settembre a Salisburgo.

Ma Macron non è l’unico a muoversi in questi giorni per provare ad arginare la marea xenofoba. La stessa cosa la sta facendo anche Angela Merkel. La cancelliera tedesca è infatti in partenza per l’Africa, dove si recherà in Ghana, Senegal e Nigeria. Scopo della missione è quello di convincere i giovani africani a non partire per l’Europa rischiando la vita in viaggi pericolosi, In cambio la cancelliera promette di lavorare per favorire ingressi legali. «Vogliamo che i giovani possano formarsi in Europa e possano poi tornare indietro, successivamente, e partecipare allo sviluppo economico dei loro Paesi», ha spiegato una fonte del governo di Berlino. Un altro modo per provare a gestire i flussi con la speranza che anche questo serva a organizzare la trincea anti populista, sia dentro che fuori la Germania.

Dalla Germania, infine, arriva un altro segnale che indica chiaramente quanto sia alta la posta in gioco. Stando al alcune indiscrezioni, infatti, la Merkel non sarebbe più interessata a candidare un tedesco al posto di Mario Draghi alla guida della Bce. Molto meglio, per la cancelliera, sarebbe riuscire a conquistare la presidenza della Commissione europea guidata oggi da Jean Claude Juncker. Un ruolo per il quale, tra gli altri, si fa anche il nome dell’attuale presidente del Ppe Manfred Weber.