L’avevano proposto quasi per scherzo, ma gli affezionati li hanno presi così sul serio che il cinema Beltrade di Milano ha dovuto mantenere la promessa e lo spettacolo alle sei del mattino, sì avete letto bene, sei. Chi pensava che solo due o tre matti si sarebbero presentati a quell’ora ante lucana si sbagliava. Tutto esaurito e un centinaio di persona in coda già mezz’ora prima della proiezione. Sullo schermo non si dava nemmeno una pellicola rara o recente, ma Caro Diario di Nanni Moretti, ciò vuol dire che la gente, fra cui moltissimi giovani, più che il film in sé ha voluto essere presente a un rito che, visti i tempi, ha qualcosa di sciamanico. D’altra parte lo ha detto anche Frances McDormand ricevendo l’Oscar per Nomadland: «Per favore guardate il nostro film sullo schermo più grande possibile e portate tutti quelli che conoscete a vedere tutti i film premiati quest’anno. Tornate al cinema».
Ognuno di noi potrebbe raccontare un sacco di cose sul proprio rapporto con le sale cinematografiche, dai multisala simili a centri commerciali fino alla sgarrupata saletta di quartiere con le sedie sfondate e la cassiera che ti vende anche i bon bon.

SE IN MOLTI PAESI di provincia hanno commesso omicidio sostituendo i gloriosi cinema Corso o Ducale con deprimenti sale Bingo, ciò non vuol dire che le persone non abbiano più voglia di andare di persona sul posto per il puro piacere di accomodarsi nella poltrona, aspettare che le luci si spengano, pregustare nel buio l’inizio del film e lasciarsi avvolgere da quelle immagini in formato gigante, partecipare con tutto il corpo alla storia, talvolta anche alla noia e poi, se il film ti è piaciuto, dispiacersi per il ritorno alla luce e alla realtà, stiracchiarsi le membra, muoversi lentamente verso l’uscita parlando e commentando storia, scene, attori, interpretazioni per condividere e prolungare il più possibile la magia di quell’esperienza. Ditemi quale schermo televisivo, computer, divano o poltrona di casa è capace di ridare questo incanto individuale e collettivo.
In questo anno e passa di astinenza totale ho avuto nostalgia di tutto, perfino della grande sala del paese dove vivevo da ragazza e che era presa d’assalto ogni domenica da orde di persone che si stipavano anche in galleria e facevano un sacco di cose, oltre guardare il film, da pomiciare a fumare a entrare a metà film. Mi sono mancate le proiezioni della pausa pranzo che aveva reintrodotto, con acume, l’Anteo di Milano, e quelle delle tre o cinque del pomeriggio popolate da signore in pensione che commentano a voce alta.

HO SOFFERTO acutamente la chiusura dei cineclub che propongono da tutto Kore Eda ai film coreani a Kaurismaki, per non parlare dei saltuari soggiorni parigini dove puoi decidere se trascorrere le mattine a rivedere tutto Welles o una rassegna di cinema africano. Ma uno dei ricordi più pungenti che mi hanno visitato è legato al festival di Locarno quando, sulla piazza a mezzanotte, proiettarono Senso di Visconti e, mentre scoppiava dentro il film un temporale, contemporaneamente si scatenò un inferno d’acqua anche sulla zucca degli spettatori che non pensarono nemmeno per un istante di scappare, ma tirarono fuori l’impermeabile d’emergenza e rimasero lì fino alla fine, perché quante volte nella vita ti può ricapitare una cosa così, acqua dentro e acqua fuori dallo schermo. Al Beltrade una cosa così non la potranno mai fare però, chi volesse, Caro Diario lo ridanno alle sei del mattino anche sabato prossimo. Sennò c’è molto altro da scegliere. L’importante è, come dice Frances, «Tornate al cinema».

mariangela.mianiti@gmail.com