Momenti di svolta o avvenimenti cruciali, anche quando solo simbolici, vengono solitamente riconosciuti come tali solo in un secondo momento, quando fra i sedimenti della storia affiorano lentamente forme e figure. Quando il 22 febbraio del 1981 circa 20 mila persone si ritrovarono insieme di fronte alla stazione di Shinjuku, a Tokyo, per celebrare l’uscita del primo lungometraggio dedicato a Mobile Suit Gundam, nessuno si aspettava che l’evento sarebbe in seguito diventato una pietra miliare per la cultura popolare dell’arcipelago. L’evento era stato organizzato per sfruttare l’uscita del primo film il 14 marzo, una compilation della serie animata creata da Yoshiyuki Tomino nel 1979, e per vendere giocattoli e merchandise vari.

GLI ORGANIZZATORI si aspettavano probabilmente un centinaio di persone, per lo più ragazzini forse, ma ne arrivarono moltissime di più e di età decisamente maggiore. Era la generazione nata agli inizi degli anni sessanta che era cresciuta, fra gli altri, con i manga e le serie animate di Osamu Tezuka e che era troppo giovane per aver partecipato direttamente ai movimenti di protesta che caratterizzarono il decennio. Una generazione che attraverso Mobile Suit Gundam, e prima grazie anche ai lavori di Leiji Matsumoto come La corazzata spaziale Yamato, aveva saputo riscoprire il piacere e la gioia per una narrazione animata complessa e che affrontava temi adulti e che spesso criticava implicitamente, ma pesantemente, il mondo dei padri, coloro che avevano portato il Giappone al macello della guerra ed ai disastri che ne conseguirono. In questo senso il fenomeno Gundam e questo evento in particolare sono ancora oggi, a quarant’anni di distanza, considerati un importante momento simbolico nell’evoluzione dell’animazione seriale verso qualcosa di più sofisticato e realistico nei temi affrontati, paragonabile a tutti gli effetti alla letteratura o al cinema.

SUL PALCO dell’Anime shinseki sengen (Dichiarazione di un nuovo secolo, di una nuova era, per l’animazione), questo il nome che fu dato all’evento, per parlare alla folla erano presenti oltre allo stesso Tomino, anche animatori, character designer e doppiatori. Un matsuri (una festa) come la ribattezzò il creatore di Gundam che fu quindi anche un’affermazione di massa ed un’improvvisa presa di coscienza per una generazione che non aveva più il credo ideologico o la partecipazione politica come collante o come specchio in cui riflettersi. Ad affollare la zona antistante l’uscita est della stazione furono infatti per la maggior parte giovani sulla soglia dell’età adulta, una fascia demografica che solo un decennio prima avrebbe occupato lo stesso spazio per protestare contro la guerra in Vietnam, l’imperialismo, l’Anpo e la costruzione dell’aeroporto di Narita. Uno slittamento impressionante in poco più di dieci anni che rivela come la società giapponese si stesse muovendo, nel bene o nel male, verso una nuova era.
In un periodo, la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta, caratterizzato dal tramonto della grande stagione delle lotte politiche e sociali, almeno quelle su grande scala, l’esperienza comunitaria per le nuove generazioni o andò a mancare o diventò in alcuni casi quella legata alla passione per l’animazione. Si può essere d’accordo o meno, la resistenza e l’impegno politico non si sono in realtà mai fermati, ma le parole dello studioso Ryota Fujitsu sul fenomeno, quando sostiene che l’Anime shinseki sengen mostri simbolicamente la transizione da movimenti formatisi attorno a principi politici verso movimenti formati attorno ad un hobby, sono molto significative e aprono nuove possibili chiavi di lettura e mappature del fenomeno.

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