Certo fanno più scena e/o polemica le proteste degli «acampados» e le critiche di Mario Monti, ma con la legge di stabilità ce l’hanno pure loro. E vogliono esserci, a tutti i costi. Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di indire un primo sciopero nazionale – di 4 ore e con iniziative territoriali – ma che potrebbe essere l’antipasto, se non verranno ascoltati, di uno «scioperone» più grande, di quello che culmina con un corteo a Roma. Ma adesso i tempi sono più che prematuri per un impatto così forte, quindi si procede per gradi. Anche perché Raffaele Bonanni, leader della Cisl, lo dice da giorni, e da giorni frena: dobbiamo aspettare il «secondo round» promesso dal governo, quando la manovra potrà essere modificata in Parlamento.

D’accordo con i sindacati, e per nulla preoccupato dallo sciopero – che definisce anzi «gestibile, perché di 4 ore» – è il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi. Chiede anche lui, come è noto, una maggiore detassazione su lavoro e imprese, ma ieri ha aggiunto un bell’assist al governo. Una cosa è criticarlo, infatti, e un’altra è augurarsi che cada: Squinzi è lontanissimo dall’augurarsi questa ipotesi, e anzi ritiene che l’esecutivo Letta debba restare in sella almeno fino al 2015, e «anche qualche mese più in là»: «Il governo deve restare credibile», ha detto il leader degli industriali, soprattutto alla luce di scadenze come il semestre italiano di presidenza Ue e l’Expo 2015. Di fronte ad appuntamenti di questo tipo, ha spiegato, «ci vuole autorevolezza per far sentire forte la nostra voce in Europa. Per farlo dobbiamo avere stabilità politica». Soprattutto in vista della fiera internazionale di Milano, «una situazione di instabilità politica non è positiva». E quando alcuni giornalisti gli hanno chiesto se, proprio alla luce dell’Expo, il governo deve arrivare fino al 2015, Squinzi ha replicato: «Spero anche qualche mese più in là».

Poi Squinzi è tornato a ribadire la sua delusione per la questione del cuneo fiscale: le risorse stanziate «non sono minimamente in grado di produrre effetti – ha detto – la loro entità delude profondamente, è ben lontana da quello che secondo Confindustria avrebbe un impatto forte sull’economia». «C’è stata mancanza di coraggio da parte del governo, non delle imprese – ha concluso il leader degli industriali – L’esecutivo non ha ritenuto di mettere mano con forza alla riduzione della spesa pubblica. Con 850 miliardi di spesa totale, un taglio del 2-3-4% libererebbe risorse enormi: noi chiedevamo 10 miliardi per il cuneo fiscale. Ci è stato detto che se ne potevano destinare 5 e alla fine ne sono usciti 2,6-2,7 miliardi: la Confindustria interverrà, a partire dal dibattito parlamentare».

E sul dibattito parlamentare vogliono pressare, come detto, anche i sindacati: innanzitutto con il loro primo sciopero. Anche Susanna Camusso, segretaria della Cgil, ieri come Squinzi ha parlato di coraggio: «Ci vuole coraggio per spostare i pesi all’interno della legge di stabilità – intendendo a favore delle fasce medio basse, di lavoratori e pensionati – E noi faremo pressione sul Parlamento perché decida da dove far ripartire il Paese». Ecco perché non lo sciopero generale, a suo parere: «Non serve una fiammata, si deve seguire l’iter parlamentare con una mobilitazione costante, una formula sul tempo lungo – ha detto – E trovare le risorse per lavoro e pensioni si può, anche lasciando i saldi invariati».

«L’Italia – ha osservato la leader Cgil – continua a essere il solo Paese europeo in recessione e continua a perdere posti di lavoro. Chiediamo che le rendite finanziarie non siano luogo privilegiato, tassate meno di altri paesi. Se vogliamo che sia ridotto il fisco su lavoro e pensioni – ha concluso – è perché diamo per scontato che entro l’anno si chiudano due emergenze: gli esodati e le risorse per la cassa integrazione».

«Sono 4 ore da decidere con molta pacatezza e molta determinazione – ha aggiunto Bonanni – mi ha molto irritato negli ultimi giorni che la parte sul taglio fiscale nella legge di stabilità si sia molto alleggerita mentre quella sulla spesa pubblica si è appesantita».

Il segretario Fiom Maurizio Landini approva lo sciopero, ma aggiunge che «è solo l’inizio della mobilitazione: la manovra fa poco per lavoro e industria, e non ci dobbiamo fermare qui».