L’espulsione di 755 diplomatici statunitensi è la misura più dura presa dalla Russia dal 1986. Le analisi americane, come quella che fa David E. Danger sul New York Times, descrivono lo scontento del presidente russo che, dopo aver aiutato Trump a prendere il potere, si aspettava probabilmente un trattamento favorevole, ma il gioco di Putin «è ormai fallito, spettacolarmente», scrive l’esperto di sicurezza nazionale del quotidiano newyorchese, poiché le sanzioni approvate pochi giorni fa dal Congresso hanno legato di fatto le mani al presidente Usa che anche volendo non può più favorire il Cremlino in alcun modo.

Per Michael Mac Faul, professore alla Stanford University, ex consigliere di Obama al National Security Council ed ex ambasciatore americano a Mosca, questo tra Russia e Stati Uniti, espulsione dei diplomatici inclusa, è un perfetto gioco delle parti tra due partner che devono ora mantenere un’apparenza di contrasto agli occhi del mondo; «Nemmeno ce li abbiamo 755 diplomatici in Russia» ha twittato ironicamente Mac Faul in risposta all’esperto di crisi costituzionali di The Atlantic, Matt Ford, che avanzava la stessa illazione.

Questa russa non è l’unica crisi estera per Trump che recentemente ha ripreso ad attaccare la Cina su Twitter, colpevole, a suo dire di negligenza nell’affrontare la Corea del Nord, la quale nel frattempo ha ripreso a provare i missili.

«Sono molto deluso» ha twittato Trump, riferendosi al fiacco, a suo dire, intervento cinese, dopodiché due bombardieri B-1B appartenenti all’aeronautica militare degli Stati Uniti (Usaf) hanno sorvolato la penisola coreana come «risposta diretta» ai test missilistici nordcoreani, come ha reso noto la stessa Usaf.

Se le relazioni internazionali sono costellate di tensioni non vanno meglio gli affari interni del presidente: dopo solo poco più di una settimana, a sorpresa, Donald Trump ha rimosso Anthony Scaramucci dalla posizione di direttore delle comunicazioni.

Il cambiamento è avvenuto su richiesta del nuovo capo del personale, l’ex generale dei marines John Kelly, che da ministro della Sicurezza Nazionale ha cambiato mansioni proprio per volere di Scaramucci, sostituendo Reince Priebus, un veterano, visto che ha retto sei mesi ricoprendo lo stesso ruolo.

Priebus era da tempo al centro di tensioni e scontri all’interno dello staff del presidente, culminati in quello con il nuovo, ed ora già ex, capo della comunicazione della Casa bianca, Anthony Scaramucci, che l’aveva accusato di essere il responsabile delle fughe di notizie provenienti dall’ala ovest, arrivando a chiamarlo Caino e adoperando un linguaggio molto crudo anche nei confronti di Steve Bannon.

Ora il difficile ruolo di capo dello staff è in mano ad un militare, James Baker, che ha già occupato quel ruolo sotto due presidenti e quindi ha offerto qualche consiglio a Kelly: «Puoi concentrarti sul tuo capo oppure puoi decidere di concentrarti sul personale – ha affermato Baker – Quelli che si sono concentrati sullo staff hanno fatto molto bene». Tra i repubblicani molti hanno apprezzato il nuovo ruolo di Kelly, come la partenza del suo predecessore.

Ora questo nuovo colpo di scena, del tutto inaspettato, inasprisce la sensazione di precarietà e confusione in cui versa la Casa Bianca, impegnata su tutti i fronti, a sopravvivere a se stessa con il timore che la serie di sconfitte che sta inanellando Trump possano alla fine ledere la fiducia della sua base nel loro presidente che, a quel punto, se anche i suoi elettori dovessero abbandonarlo, il presidente degli Stati uniti si ritroverebbe politicamente del tutto isolato.