La situazione appare bloccata. «Noi abbiamo offerto un contratto di governo, ma Pd e Lega stanno facendo solo tatticismi politici», dice il capogruppo del M5S al senato Danilo Toninelli, cercando di esorcizzare una situazione che pare incartata più dalle manovre di copertura di ogni attore politico che dall’effettivo peso di ogni forza parlamentare. La paura inconfessata è che mentre Sergio Mattarella cerca la soluzione del rebus del governo, rischi di cadere per primo proprio Luigi Di Maio.

Per il momento, appare certa solo una cosa: Lega e M5S non trovano l’accordo ma hanno un proposito comune. Entrambi non vogliono formare un esecutivo che tenga all’opposizione l’altro consentendogli di capitalizzare il voto di protesta. Ecco perché Di Maio attacca il suo principale interlocutore di questo avvio di legislatura, Matteo Salvini, e, ospite di Otto e Mezzo su La 7, avverte: «Io aspetto qualche altro giorno ma poi uno di questi due forni si chiude».
La situazione è precipitata con le parole di Alessandro Di Battista su Silvio Berlusconi «male assoluto» e Matteo Salvini «Dudù» che obbedisce al primo. Quelle dichiarazioni hanno gelato i rapporti col centrodestra e, a quanto pare, infastidito il gruppo ristretto che affianca il capo politico grillino. Si tratta di esternazioni prodotte nel giro di un paio di giorni, dunque tutt’altro che improvvide, che rischiano di aprire un fronte interno ai 5 Stelle, creare fratture tra la base e produrre conseguenze nel gruppo parlamentare. Com’è noto, il dibattito interno ai grillini non avviene mai pubblicamente. Ma quando uno come Elio Lannutti, senatore con esperienza pregressa nell’Italia dei Valori ripescato in lista per volere di Beppe Grillo, dice «tanto per essere chiari: rispetto lo sforzo per il governo con Di Maio premier, ma io sto con Alessandro Di Battista», allora il sospetto che qualche sommovimento stia verificandosi prende corpo.

Il suo collega a palazzo Madama Nicola Morra, uno di quelli che non sono considerati vicini a Di Maio, nei giorni scorsi ha rincarato la dose a proposito di Berlusconi: «C’è una persona di 81 anni, in politica da 24, che tiene in ostaggio il parlamento ostinandosi a non farlo partire e pensando di essere eterno», ha detto. Luigi Gallo, deputato campano molto vicino al neo-presidente della camera Roberto Fico che fu tra i pochissimi dopo le primarie online dello scorso settembre a contestare i super-poteri assegnati a Di Maio, ha eloquentemente condiviso su Fb il video nel quale Di Battista silura Berlusconi e pare recidere ogni fragile ipotesi di accordo con la sua parte politica.

Tuttavia, in questa fase, Di Maio non può ammettere che qualcosa nelle sue truppe non stia andando per il verso giusto. Per questo motivo, rispondendo a Lilli Gruber nega ogni divisione e pone dubbi sulla tenuta dei berlusconiani: «Il nostro gruppo parlamentare è di una compattezza invidiabile. Semmai io ho notizie diverse, di parlamentari di Forza Italia che vorrebbero uscire e andare nel gruppo misto o con qualcun altro. Berlusconi si dovrebbe preoccupare di questo».

Basta tutto ciò perché Di Maio e Salvini alzino le mani e certifichino lo «scenario del tutto nuovo» evocato da Piero Fassino come precondizione per uno scongelamento del Pd? Ovviamente no. Ma l’idea che Mattarella affidi l’incarico a Roberto Fico, e che sia il M5S a dover immolare il suo candidato premier per trovare una maggioranza, comincia a serpeggiare tra i parlamentari pentastellati. Che sono sempre appesi alla variabile decisiva legata al vincolo del doppio mandato. Di Maio nei giorni scorsi si sarebbe sentito dire da Grillo e Davide Casaleggio che quel principio, l’ultimo rimasto in vigore tra quelli fondativi del Movimento 5 Stelle, non si tocca per nessun motivo. Lui mostra di aver accolto il messaggio, ma da politico navigato lascia tra le righe uno spiraglio significativo: «La regola dei due mandati è ancora in vigore – dice – Ma adesso non stiamo affrontando questo dibattito, perché non ci sono nuove elezioni in vista».