È stato di emergenza nazionale per il coronavirus. Lo ha decretato ieri, e per i prossimi sei mesi, il consiglio dei ministri, in seguito alla stessa dichiarazione a livello internazionale emessa dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Un’allerta che vede la messa in opera di «misure precauzionali» a vari livelli e che coinvolgerà molti ministeri, i sistemi sanitari regionali e nazionale, e la protezione civile. Le operazioni della task force nazionale saranno coordinate dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli, nominato commissario delegato su proposta del ministro della Salute Roberto Speranza che ieri ha spiegato: in questo contesto, «avere un punto di coordinamento diventa fondamentale».

Contemporaneamente è stata creata un’unità operativa speciale che, secondo quanto riferito dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «lavorerà a stretto contatto con l’unità di crisi della Farnesina per riportare a casa quanti degli oltre 11.600 nostri connazionali presenti in Cina vorranno rientrare e, viceversa, far tornare in patria i cittadini della Repubblica Popolare Cinese temporaneamente presenti in Italia». L’unità speciale, di cui fanno parte pure le Infrastrutture e l’Enac, gestirà anche il traffico merci tra i due Paesi. «Siamo in costante contatto con le autorità cinesi», ha assicurato Di Maio annunciando lo stanziamento di 5 milioni di euro «da utilizzare qualora fosse necessario». Il ministro ha poi puntualizzato che «fino al 2 febbraio sono stati autorizzati voli per permettere il rientro in Cina di coloro che avevano già acquistato un biglietto. Dal 3 febbraio, invece, l’unità operativa speciale vedrà quali deroghe si possono applicare agli aerei per permettere il rientro di altri cittadini cinesi in patria».

Nel frattempo, lunedì prossimo un volo militare organizzato dalla Farnesina riporterà a Pratica di Mare (provincia di Roma) «tutti i nostri connazionali che, dalla provincia di Wuhan dove vivono, – ha detto Di Maio – hanno fatto richiesta di rientrare: circa 70 persone. All’andata porterà materiale sanitario richiesto dalle autorità cinesi». Per 14 giorni questi primi italiani rimpatriati resteranno in quarantena, ospiti di una struttura militare. Ma ci sono «altri 500 italiani circa che vivono in Cina, fuori dal distretto di Wuhan, che hanno chiesto informazioni per rientrare in Italia».

Dunque, «la situazione è sotto controllo», sottolineano e ripetono gli esponenti di governo, «non ci sono motivi di allarmismo». «Gli italiani – ha assicurato il premier Giuseppe Conte al termine di una riunione del comitato operativo della Protezione civile nella sede di Via Ulpiano – possono assolutamente condurre una vita normale». «Il sistema Italia – ha affermato il presidente del consiglio – ha adottato una linea di prevenzione e di precauzione, con la soglia più elevata in Europa. Siamo assolutamente fiduciosi e terremo sotto controllo i due casi che abbiamo già accertato». Anche il ministro Speranza assicura che nulla è stato lasciato al caso: «Abbiamo sin dall’inizio alzato la soglia di salvaguardia e di controllo, come misura cautelativa. In questo momento siamo l’unico Paese europeo che ha interrotto i voli con la Cina e che si è immediatamente adeguato alle indicazioni dell’Oms. Monitoreremo e seguiremo la situazione nella massima serenità».

Un messaggio, questo, per contrastare i soliti seminatori di stupidità e odio. Matteo Salvini, invece, non ha perso l’occasione: «Contiamo – ha detto – che il governo controlli ogni singolo ingresso in Italia via mare, via aereo o via terra». Per fortuna, c’è chi, come i Radicali italiani, invita tutti ad andare «a mangiare nei ristoranti cinesi, per solidarietà e per combattere l’ignoranza».

Però non bisogna neppure eccedere sull’allarmismo per gli atti di razzismo che la cronaca riferisce. Certamente, in un Paese dove, secondo il rapporto Eurispes, il 15,5% della popolazione nega la Shoah, non ci si può stupire se c’è chi vede dietro al virus il complotto americano o per altri versi lo attribuisce all’appartenenza ad un’etnia. «Cerchiamo di non esasperare situazioni che esasperate non sono, non creiamo allarmi inesistenti», ha ammonito la prefetta di Roma, Gerarda Pantalone, dopo un vertice di consultazione in prefettura nel quale sono state mostrate le «direttive diramate dalla Regione a tutte le strutture sanitarie, per adottare le procedure e i protocolli, quindi – ha detto Pantalone – ora ognuno sa che cosa deve fare». Anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, ha minimizzato l’allarme sinofobia: si tratta di «un eccesso di preoccupazione, non la butterei sul razzismo».