Sarà l’effetto Trump o, più in generale, l’angoscia che domina la nostra epoca, ma il cinema sembra attraversato più che mai dal sentimento della realtà, almeno a quanto mostrano le immagini che si sono susseguite questi giorni sugli schermi del Lido.

L’ambiente e la sua devastazione, l’effetto disastroso delle politiche neoliberiste, la violenza della società, sono i motivi ricorrenti nella Mostra del cinema di Venezia numero 74, che si chiude oggi: dalla sci-fiction del titolo di apertura, Downsizing di Alexander Payne al fantasy di The Shape of Water, al documentarismo diretto di Ex-libris di Frederick Wiseman, agli anni Cinquanta attualissimi di George Clooney nel suo Suburbicon, fino all’invasione di profughi di Ai WeiWei in The Human Flow, il confronto col tempo che stiamo vivendo, e la ricerca di una «forma» con cui raccontarlo, appaiono prioritari.

Non è certo una casualità, come non lo è la ricorrenza di metafore religiose (mother! di Aronofsky, First Reformed di Paul Schrader) o quel rapporto perduto tra le generazioni che si rispecchia nella presenza ricorrente di personaggi anziani (La villa di Robert Guediguian, Ella&John di Virzì).

Sta per finire il mondo o questa fine è piuttosto l’espressione dell’inadeguatezza dell’occidente, e delle sue politiche che si rifugiano nel nucleo «familiare» di confini e autodifesa?

E se la politica appare disarmata, il cinema ricomincia a cercare risposte.

Una scommessa per il futuro.