«Sappiamo che è solo una tregua, prima o poi arriverà un’altra ondata di migranti». Al Viminale non si fanno illusioni. I dati di questi giorni che continuano a segnalare una diminuzione degli arrivi dalla Libia rappresentano una boccata di ossigeno anche perché, se confermati nelle prossime due settimane, permetteranno di superare senza ulteriori emergenze agosto, mese che al ministero degli Interni era evidenziato in rosso fino a quando il segno meno non è cominciato a comparire davanti ai raffronti con gli sbarchi dell’anno scorso.

Ma si tratta, per l’appunto, solo di una tregua, dovuta probabilmente più a cause interne alla Libia che all’azione di contrasto messa in atto dal governo italiano (vedi il Codice per le Ong, ininfluente in questo caso), o all’azione della Guardia costiera libica. Tra i motivi di preoccupazione – e certo non solo per il Viminale – c’è infatti la difficoltà a capire con certezza perché, nonostante le condizioni del tempo favorevoli, improvvisamente partano meno barconi dal Paese nordafricano. Una delle ipotesi possibili è che i migranti siano rimasti bloccati da una serie di scontri armati tra le organizzazioni che gestiscono il traffico e gli uomini fedeli al governo di Tripoli, conflitti a fuoco come quelli che ci sarebbero stati nei giorni scorsi a Sabratha. Ma da alcuni giorni si parla anche di un possibile scontro tra bande rivali di trafficanti, con i migranti in mezzo nell’impossibilità di potersi muovere e fuggire. Non è escluso infine che – in vista di un futuro giro di vite – i trafficanti stiano cercando nuove rotte per far arrivare uomini, donne e bambini in Europa. Proprio ieri il ministro degli Esteri algerino, Abdelkader Messahel, ha segnalato un aumento dei flussi dal Niger verso l’Algeria. Uno o anche l’insieme di questi fattori potrebbe aver determinato da parte degli scafisti la decisione di rallentare le partenze in attesa che la situazione si stabilizzi.

Dopo la decisione di Msf e di altre Ong di sospendere le attività di ricerca e soccorso in seguito alle minacce della Guardia costiera libica, al momento solo tre organizzazioni continuano a pattugliare le acque internazionali di fronte alla Libia: Moas, ripartita ieri da Malta con la nave Phoenix, la francese Sos Mediterranée e la spagnola Proactiva Open Arms. Un portavoce della Commissione europea non ha escluso la possibilità di un rafforzamento della missione Triton «se l’Italia dovesse fare richiesta», rafforzamento che potrebbe rendersi necessario proprio perché ormai è venuto a mancare il supporto offerto da alcune Ong. Del tutto escluso invece, anche perché non realizzabile, l’esistenza di un piano del Viminale per sostituire le Ong con Triton.

Nel frattempo prosegue l’attività internazionale. Il prossimo 28 agosto si terrà a Versaille il secondo vertice tra Francia, Italia, Germania e Spagna voluto dal presidente Emmanuel Macron per discutere dell’emergenza migranti. L’Italia ci arriva con una rinnovata sintonia con la cancelliera Merkel che fa sperare al premier Paolo Gentiloni di poter contare sull’appoggio tedesco. Nei mesi scorsi l’asse Berlino-Parigi ha di fatto tagliato fuori l’Italia, ma l’attivismo del presidente francese – dal summit parigino con Seraj e Haftar, all’annuncio (poi smentito) di voler aprire hotspot in Libia per finire con la decisione di realizzare centri in Niger e Ciad nei quali esaminare le richieste di asilo – non deve aver dato fastidio solo a Roma. Nei giorni scorso Gentiloni e la Merkel si sono sentiti più volte fino a concordare per un «approccio comune» al dossier migranti. La cancelliera ha approvato il Codice per le Ong, ma soprattutto di è detta d’accordo nell’’intervenire in Africa per fermare i flussi dei migranti. Nonché nel finanziare Unhcr, l’Agenzia delle nazioni unite per i rifugiati e l’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che dovrebbero occuparsi, – quando verranno realizzati _ dei campi di accoglienza nei quali dovrebbero essere riportati i migrati una volta fermati dalla Guardia costiera libica. Merkel ne ha parlato a Berlino anche con Filippo Grandi, commissario Onu per i rifugiati e deciso di stanziare 50 milioni di euro per l’attività di Unhcr e Oim in Libia nel 2017.

Intanto proprio le condizioni dei migranti richiusi nei centri di detenzione libici, anche quelli gestiti da Tripoli, continuano a suscitare preoccupazione.«La Corte penale internazionale ha aperto un’inchiesta su quanto sta accadendo ai migranti in Libia e su certi episodi che riguardano la stessa Guardia costiera, avanzando l’ipotesi anche di ‘crimini contro l’umanità’», ha ricordato ieri padre Mussie Zerai, il sacerdote eritreo indagato nei giorni scorsi dalla procura di Trapani che conduce l’inchiesta sulle Ong. «Chiunque sia artefice di questa politica di respingimento e chiusura totale e chiunque la sostenga – ha proseguito don Zerai – si rende complice di tutti questi orrori e prima o poi sarà chiamato a risponderne».