A celebrare i 1600 anni dalla fondazione di Venezia, si inaugurerà il 21 settembre, equinozio d’autunno, il Vivaldi Festival (perché non chiamarlo Festival Vivaldi?) che chiuderà il 21 ottobre. Abbiamo posto alcune domande al suo ideatore, Enrico Castiglione (Festival Bellini di Catania, Festival di Taormina, Festival Euro Mediterraneo di Roma).

Antonio Vivaldi è musicista che non ha bisogno certo di promozioni. Perché dunque un Festival Vivaldi? Ce n’era bisogno?
Nessun grande compositore, da Mozart a Verdi, da Rossini a Puccini, ha bisogno di un «festival», ma tutti i grandi compositori hanno il proprio, nella città in cui sono nati. Il Vivaldi Festival nasce proprio dalla mancanza di un festival dedicato a Vivaldi nella città dove è nato e dove è diventato non solo il compositore più importante della Serenissima, ma uno dei più prolifici quanto rivoluzionari musicisti del Settecento e certamente non solo l’autore delle Quattro Stagioni.

La produzione di Vivaldi è sterminata: teatro, musica strumentale, musica per la chiesa. Ci sarà un settore privilegiato?
Iniziamo quest’anno dedicando maggiore attenzione al Vivaldi strumentale e al Vivaldi sacro, per poi allargare dal prossimo anno l’offerta del Vivaldi Festival anche al suo teatro musicale, poco conosciuto dal grande pubblico. Ma accanto alla musica dal vivo offriremo fin da questa prima edizione incontri, tavole rotonde e proiezioni con l’obiettivo di raccontare chi sia stato «il prete rosso», come Vivaldi veniva chiamato per via dei suoi capelli di color rosso.

Oggi, la prassi musicale è orientata a rispettare le condizioni del tempo in cui le musiche furono concepite. A quali criteri ubbidiranno le esecuzioni?
Il nostro obiettivo è di eseguire ed interpretare Vivaldi con il massimo rigore possibile, grazie anche all’impiego di strumenti originali, ma è compito di un festival anche di dare spazio a tutti i tipi di interpretazione possibile della sua musica: partendo sempre dall’originale. Il festival sarà una vetrina di eccellenza e di esclusività.

Il teatro moderno è orientato a riscrivere la drammaturgia dei testi teatrali, sia parlati sia musicali. Il teatro barocco era già anch’esso una riscrittura e si presta dunque a invenzioni drammaturgiche anche radicali. Ne vedremo a Venezia, nonostante l’orientamento generale del pubblico, soprattutto italiano, sia per lo più ostile allo sperimentalismo drammaturgico?
Certamente, e lo dico anche e soprattutto da regista che ha sempre cercato la massima espressione aderente al testo e alla musica pur con soluzioni scenografiche sempre nuove e non conformiste o tradizionali che dir si voglia. Senza dimenticare, anzi tenendo ben presente, che Vivaldi per primo è stato un grande sperimentatore.

Vivaldi è figura non esclusivamente veneziana. Verrà dato spazio a quanto accadeva nel suo tempo in tutta Europa, nel mondo del teatro e della musica? Handel a Londra, Alessandro Scarlatti a Napoli e a Roma, Hasse a Londra, Parigi e Vienna, Pergolesi a Napoli. E tanti altri.
Assolutamente sì. Il Vivaldi Festival sarà il Festival di Venezia dedicato a Vivaldi, ma offrirà anche le «invenzioni» dei suoi colleghi, da Handel a Pergolesi, da Scarlatti a Hasse e a tanti altri compositori ‘alla moda’ del tempo di Vivaldi e comunque della sua epoca: senza escludere magari un omaggio a Igor Stravinskij, di cui celebriamo proprio quest’anno il 50° anniversario della morte e che sepolto a Venezia non fu propriamente un estimatore di Vivaldi.

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NUTRITA APPARE, come elencata nel programma del festival, la schiera degli artisti che in maniera costante frequentano la musica barocca: Vivica Genaux, Gemma Bertagnolli, Sara Mingardo, Giovanna Dissera Bragadin, Silvia della Benetta, le voci; i direttori Francesco Fanna, Fabio Biondi, Roberto Zarpellon; e gruppi e orchestre come i Sonatori della Giocosa Marca, l’Oficina Musicum Venetiae, la Venice Academy Baroque Orchestra and Chorus, l’Europa Galante, ma anche i giovani dell’Accademia Vivaldi della Fondazione Cini e violinisti come Uto Ughi. Ospite d’eccezione, Cecilia Bartoli, alla quale verrà assegnato il Premio Vivaldi d’oro.
Difficile giudicare se l’iniziativa avrà il peso culturale che si propone. Qualche nome, a dire il vero, sembra inserito più per un richiamo di fama, che perché garantisca vera esperienza, di studio e di pratica, della musica barocca. Ma è benvenuto il premio a Cecilia Bartoli, il cui nome, esaltato all’estero, suscita ancora in Italia incomprensibili diffidenze. In ogni caso non sarà mai troppa l’attenzione alla musica antica. Alla polifonia del Cinque-Seicento, per esempio, che annovera grandissimi compositori, raramente eseguiti nelle città italiane. Non è esatto, poi, che oggi il teatro di Vivaldi sia poco diffuso. Quest’anno un’opera di Vivaldi, L’Orlando Furioso, era in programma al Festival della Valle D’Itria, diretto da Diego Fasolis e messo in scena da Fabio Ceresa, Lo spettacolo è stato trasmesso da RAI5.