Nessuno ha fame. Gira l’influenza dello stomaco, ma non se ne parla, dovesse portare sfortuna. La cuoca non ne può più di stare ai fornelli da giorni, solo l’odore di intingoli e lieviti le da il capogiro. Ma si sa che arrivano tutti con forchetta e coltello alla mano e le maniche rimboccate al gomito per darci dentro. È una guerra, nemmeno una battaglia. E allora lei, la cuoca dell’occasione – che sia la Nonna la Madre la Figlia la Nipote o la Cugina – dopo ore di lavoro certosino ai fornelli posa lievemente il capo sul canovaccio di cotone a righe non di Ikea (a tutto c’è un limite) e socchiude gli occhi. Al Grande Vecchio lascia sul piatto di portata Domani nella battaglia pensa a me di Javier Marías: che se ne bei, ora che ha fatto l’operazione di rimozione delle cataratte, può ricominciare a darsi al piacere della lettura.

Alla vedova di lunga data che riversa tutto sui figli, nelle pieghe del tovagliolo di stoffa un cd dell’opera omnia di Alanis Morrisette, dopo tutte le volte che a fine serata ha cantato La Vie en rose è arrivata l’ora che si metta a studiare l’inglese. Al posto del gelato di crema nelle ciotoline dei nipotini, rigorosamente al loro tavolo separato nonostante qualcuno abbia compiuto da poco quattordici anni, sogna di far galleggiare come su uno schermo acquatico un montato di cinque-dieci minuti dei migliori film in bianco e nero mai stati girati (e che loro, ognuno di loro, per principio, dalla nascita, rigettano in quando privi di colorazione realistica): Aurora di Murnau, Jules et Jim, Il settimo sigillo giusto per avere una prima infarinatura di perfezione. Non si deve sempre mangiare, mangiare, mangiare. Ci si nutre di profumi: alla fidanzatina neozelandese del cugino ecco un bouquet di fragranze mediterranee, fiori di arancio, gelsomino, zagara portati da giù. I regali non si devono per forza toccare con mano, come Santi Tommasi accusatori di truffa: i regali possono essere immaginati, ascoltati come racconti orali, annusati dal collo del commensale accanto.

Al posto delle canzoni tradizionali una voce bellissima narrerà le storie preferite, dai grandi classici ai nuovi: protagoniste innamorate, sognatori, combattenti senza paura. Orlando e Emma Bovary giocheranno a burraco con gli zii competitivi come mai (e li stracceranno). Zeno Cosini fumerà di nascosto in terrazzo con la forestiera, traducendo in inglese la sua massima: «It’s my last sigarette». Sophie non dovrà fare nessuna scelta perché il nipote quattordicenne non smetterà di tenerle la mano sotto il tavolo dei grandi, raggiunto di straforo senza essere visto. Si parlerà d’amore con Mariù, si farà l’amore ognuno come gli va, la donna cannone sarà così dimagrita da non passare più nemmeno per una Beretta, ogni diavolo femmina graffierà chi non crederà al suo ruolo demoniaco.

Si potrà ballare in silenzio sulle pareti insieme ai danzatori di Matisse, alzarsi e toccare le morbidezze dei velluti delle tende e degli abiti delle signore, i gatti saliranno sul tavolo a finire gli avanzi leccando impunemente dai piatti senza che nessuno li minacci di morte e poi, satolli, andranno a fare una pennichella sul puntale dell’albero di Natale, un gattesco Empire State Building dei desideri. Un trillo aggressivo risveglia di soprassalto la cuoca. È già il venticinque a pranzo. Chissa chi sarà il primo convitato (si spera non di pietra). Chissà cosa sarà successo alle pietanze mentre sognava. Lo vedrà, appena avrà aperto la porta agli ospiti. Bon chance e buon Natale a tutti.