«Io certamente non voglio essere ricordato come il presidente dell’Anm che ha abdicato sulla difesa dell’indipendenza della magistratura, signor ministro spero che lei non voglia essere ricordato come quello che ha provato a violarla». È ormai scontro diretto, tra Piercamillo Davigo e il ministro di Giustizia Andrea Orlando.

Dopo aver disertato la cerimonia in Cassazione, in aperta polemica con il governo per la norma che proroga le pensioni fino a 72 anni solo ai vertici della Cassazione e provvisoriamente anche ai giudici di merito, il capo del sindacato dei magistrati interviene all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano per chiarire i motivi della protesta delle toghe.

E per puntare il dito direttamente contro il Guardasigilli, responsabile a suo dire di non aver mantenuto le promesse: «Il governo – attacca Davigo – ha mandato a casa 450 magistrati con lo slogan ’Largo ai giovani’ senza prevedere un’adeguata temporizzazione delle uscite, ma poi ha fatto prima una proroga per gli uffici direttivi e poi un’altra proroga» per sopperire alle carenze di organico. Così facendo, spiega l’ex pm di ManiPulite, «il governo decide chi fa il giudice», cosa ovviamente non accettabile in uno stato di diritto.

Orlando però non ci sta e, pur confermando la carenza di personale amministrativo degli uffici giudiziari che, dice, sarà presto tamponata con 5100 nuove assunzioni, lancia un monito contro l’«insidia» di «singoli soggetti della giurisdizione» che «reagiscano alle difficoltà» con il corporativismo.

Nel suo discorso però vola anche un po’ più in alto, ricordando al Parlamento che il blocco del ddl sulla tortura impedisce all’Italia di «allinearsi ai Paesi di alta civiltà giuridica» in Europa.

Poi, a fine cerimonia, contrattacca Davigo: «Non credo che si stia attentando all’autonomia della magistratura perché si modifica l’età pensionabile, perché allora l’Anm non ha protestato quando si decise a suo tempo di portare l’età pensionabile da 70 a 75 anni?». Su «tre questioni», poste ad ottobre durante l’incontro a Palazzo Chigi anche con l’allora premier Matteo Renzi, assicura Orlando, «due sono state risolte nella direzione che era stata richiesta dall’Anm».