La scorsa notte il presidente Usa Donald Trump e il suo sfidante Joe Biden se le sono date di santa ragione nel primo confronto televisivo fra i due candidati alla Casa bianca. Ieri mattina è toccato al segretario di Stato Usa Mike Pompeo e al «ministro degli esteri» vaticano, monsignor Paul Gallagher, scontrarsi a colpi di dichiarazioni.

IL CONTESTO era diverso: non un duello in diretta tv, ma un simposio sulla libertà religiosa nel mondo, organizzato in un hotel romano dall’ambasciata Usa presso la Santa sede, guidata da Callista Gingrich, moglie di Newton Gingrich, negli anni ‘90 capo dell’opposizione repubblicana quando alla Casa bianca alloggiava il democratico Bill Clinton. E il linguaggio e lo stile non quelli battaglieri dei confronti elettorali, ma quelli felpati della diplomazia.

Solo che il galateo diplomatico è saltato del tutto quando a Gallagher, a margine del convegno dove è stato fatto parlare solo pochi minuti, viene chiesto come mai oggi papa Francesco non avrebbe ricevuto in Vaticano il segretario di Stato Usa – che pure lo aveva chiesto espressamente – e se uno dei motivi poteva essere un tentativo di «strumentalizzazione» dell’incontro da parte della presidenza statunitense: «È una delle ragioni per cui il papa non riceve Pompeo», risponde il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati. Liquidando così la spiegazione ufficiale della Santa sede: il pontefice non riceve politici a ridosso di scadenze elettorali.

LE RAGIONI sono anche altre. Due visioni di politica estera diametralmente opposte fra papa Francesco e l’attuale amministrazione Usa sulla Palestina, sul Medio oriente, sul disarmo e su tante altre questioni (lo ha spiegato benissimo Alberto Negri sul manifesto di ieri). E la sparata di Pompeo della scorsa settimana sull’accordo Vaticano-Cina sulla nomina condivisa dei vescovi («la Santa sede ha raggiunto un accordo con il Partito comunista cinese nella speranza di aiutare i cattolici in Cina. Ma l’abuso del Pcc sui fedeli è peggiorato. Il Vaticano metterebbe in pericolo la sua autorità morale se lo rinnovasse»), proprio mentre sono in corso le trattative per la proroga di quell’intesa.

EVIDENTEMENTE per nulla pentito delle sue parole – gli Usa osteggiano quell’accordo che per loro ha il significato di una sorta di benedizione papale al nemico cinese -, durante il simposio di ieri Pompeo ha ribadito il concetto, contrapponendo la Chiesa di Giovanni Paolo II, anticomunista e paladina della libertà religiosa, a quella di Francesco, che invece per il segretario di Stato Usa ha altre priorità. Bisogna «opporsi ai regimi tirannici» e «sostenere quanti si battono per la libertà religiosa, secondo l’insegnamento di Giovanni Paolo II», ha detto Pompeo nel suo intervento. «Da nessuna parte al mondo la libertà di religione è così in pericolo come in Cina», quindi «chiedo a ogni leader religioso di ergersi contro le persecuzioni religiose».

Con questi presupposti, si preannuncia assai teso l’incontro di questa mattina in Vaticano, quando Gallagher e il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, riceveranno Pompeo.
Parolin, interpellato dai giornalisti durante il simposio, si è detto «sorpreso» per le parole di segretario di Stato Usa, «anche se – ha aggiunto – conosciamo bene da molto tempo la posizione di Trump e di Pompeo in particolare». Quanto all’accordo con la Cina, ha espresso l’intenzione della Santa di rinnovarlo.

SI TRATTA di un’intesa firmata il 22 settembre 2018 – e i principali artefici, da parte vaticana, furono proprio Parolin e Gallagher -, ed entrata in vigore un mese dopo, che prevede la nomina condivisa di vescovi scelti da Roma ma graditi anche a Pechino, così da tentare di ricomporre l’unità della Chiesa cattolica in Cina e porre fine allo scisma sommerso fra la chiesa «patriottica» obbediente al governo e la «clandestina» fedele a Roma. «Da parte nostra c’è la volontà di rinnovare l’accordo – ha detto Parolin -. Siamo per la politica dei piccoli passi».
C’è tempo fino al 22 ottobre. Ma è certo che l’intesa, a cui punta anche Pechino, verrà prorogata, probabilmente per altri due anni. E potrebbe essere il viatico a relazioni più strette fra Cina e Vaticano. Pompeo e Trump se ne faranno una ragione.