Dicono i dati Nielsen Market Track che nella settimana fra il 16 e il 22 marzo la vendita di camomilla in Italia ha segnato un balzo di più 76,3%. Sebbene il consumo di tisane sia stato in continuo aumento negli ultimi anni, la crescita proprio della camomilla e proprio in quel periodo fa immaginare un sacco di cose, prima fra tutte che la gente costretta a casa abbia cercato tutto ciò che serve a un momentaneo oblio o a una pacificazione dei sensi.

Pianta aromatica conosciuta fin dall’antichità per le sue notevoli proprietà sedative e calmanti, il nome camomilla deriva dal greco chamaimelon composto da chamài (del terreno) e melon (mela).

Da sempre considerata blando sonnifero, in realtà non ha principi ipnoinducenti come la maggior parte delle erbe officinali usate contro l’insonnia. Le sue capacità sono antispasmodiche, ovvero produce rilassamento muscolare, la qual cosa è utile in caso di crampi intestinali, cattiva digestione, intestino irritabile, spasmi muscolari, dolori mestruali, tensione nervosa, stress. Insomma, la camomilla placa il nervosismo e l’ansia e per questo viene associata a un buon viatico per il sonno.

Se così tanta gente è tornata a comprarla e a berla durante la quarantena, significa che lo stare chiusi in casa e la paura del virus hanno prodotto più stress che godimento della vita domestica.

D’altra parte, qualunque essere vivente costretto alla cattività, benché parziale, ha davanti alcune opzioni la maggior parte delle quali non sono salutari: o dai fuori di matto, o ti anestetizzi con l’aiuto di sostanze varie, o ti rassegni, o ti deprimi, o ti inventi una via di riserva come la meditazione che però non si impara in pochi giorni.

Siccome l’essere umano ha infinite risorse, deve essersi ricordato di quando la mamma lo mandava a letto dicendogli «Bevi la camomilla che ti fa tanto bene». Non per niente, il nome botanico di questa pianta è Matricaria, che viene dal latino matrix che significa utero. E così, durante la prigionia pandemica, un sacco di italiani si buttarono d’istinto a bere camomilla realizzando, molto probabilmente a loro insaputa, il desiderio atavico di tornare nel ventre materno.