È uno strano sogno, quello che abbiamo vissuto in questi mesi e che stiamo continuando a vivere. Le nostre abitudini stravolte in profondità, ognuno ha scavato nel suo immaginario le risorse per adattarsi all’imprevedibile, e fortunato chi un immaginario funzionante ce l’ha. Tra questi la sempre meno rara specie dell’homo cyclens, essere definito da Didier Tonchet come un «inventore urbano».

Chi avrebbe immaginato le file per entrare nei negozi di bici? Nei negozi, e lo testimonia anche il ramo di Confindustria che si occupa delle due ruote, l’Ancma, non ci sono quasi più biciclette, e questo da prima della decisione finale sul bonus.

Parliamo del bonus: chi mai avrebbe immaginato un aiuto all’acquisto di 500 € per il 60% del valore del mezzo? Ragazzi, è uno sproposito. «Ben più che generoso», ammette il presidente dell’Ancma, sbalordito pure lui tanto da dire che non gli interessava granché una richiesta di ulteriori fondi. Capite? Confindustria, la cosa più lontana da quel comune sentire che ha fatto rinascere a nuova vita le biciclette nelle ciclofficine e nei laboratori dei visionari come me. Se usato appieno il fondo di 120 milioni – tirato fuori dal freezer del decreto Clima dal generale della guardia forestale oggi ministro, Costa – genererebbe 240.000 mezzi in più.
Domenica 17 maggio da ogni città d’Italia, nella mia bolla social, si alzavano voci stupefatte: «Oggi è pieno di gente in bici». A Roma migliaia di famiglie in strada. Neanche durante l’austerity degli anni ’70 ho visto una cosa così.

Sì, è probabile che sia una reazione di liberazione o di necessità smaltitoria – chili e nervosismo accumulati. Ma è successo davvero, e persino nella capitale di Coattiland gli automobilisti non hanno perso la testa come al solito.

Già, l’automobile. Qui il sogno in atto tenderebbe a sgretolarsi. Manca qualcosa nel piano generale di rifacimento del mondo: il disfavore da rivolgere a tutto il sistema automotive. Nel tavolino bonus bici-corsie ciclabili manca la terza gamba, il malus auto. L’oscena vicenda del prestito agevolato a Fca ci ha sbattuto in faccia la secchiata gelida del vecchio sistema che ancora comanda, e che ci ha condotto al più miserevole stato di esistenza in presenza di ricchezza che si possa immaginare.
Servono disincentivi. Proviamo a immaginarli. Per esempio una tassa legata esponenzialmente a peso e volume dell’auto; la pedonalizzazione totale delle zone di pregio delle città, quelle la cui architettura è protetta dai Beni culturali (a Roma potrebbe essere anche Garbatella, a Milano il Giambellino, a Palermo Mondello); stazionamenti esclusivamente a pagamento; un sistema che sia in grado di riconoscere il pieno carico (5 persone) del mezzo e dunque sanzioni fiscalmente lo scarico (la solita monopersona nell’abitacolo); un mese di circolazione in bicicletta propedeutico all’esame della patente auto; l’imposizione di un colore unico, il marrone opaco, per la carrozzeria; l’obbligo, per l’acquisto, di una liberatoria dell’Agenzia delle entrate che certifichi l’essere in regola con il fisco (e leviamo di mezzo metà parco circolante). Il sistema si è «dimenticato» di questo: per favorire la ciclabilità bisogna sfavorire l’automobile.