Con la vittoria dei Sì la riforma costituzionale che taglia 345 parlamentari, fermando il numero dei deputati a 400 e quello dei senatori elettivi (ci sono poi quelli a vita e di diritto) a 200 può essere promulgata. Contiene anche una delega al governo perché ridisegni i collegi elettorali entro 60 giorni. Entrerà in vigore alle prossime elezioni politiche.

Ma le novità dovranno essere assai più grandi dei soli collegi. A cambiare dovrà essere la legge elettorale, pena la possibilità – con meno parlamentari – che una minoranza anche inferiore al 40% possa conquistare la maggioranza assoluta nel prossimo parlamento. Pd e 5 Stelle hanno incardinato in commissione affari costituzionali la nuova legge elettorale, lo hanno fatto da soli senza i voti dell’opposizione e senza i voti di due partiti della maggioranza: Leu e Iv.

Il lavoro è appena cominciato. Il testo firmato dal presidente della commissione affari costituzionali Brescia (M5S) prevede un sistema proporzionale con sbarramento nazionale al 5% e piccolo diritto di tribuna per le liste minori. Prima della sospensione dei lavori per il referendum e le elezioni regionali, la commissione non si era riconvocata. Adesso dovrà farlo assegnando un tempo per gli emendamenti. Che non saranno pochi. Il testo Brescia infatti lascia aperta la questione delle preferenza. I 5 Stelle dicono di volerle introdurre, pur essendo stati in passato avvantaggiati dalle liste bloccate. Il Pd è contrario, un po’ perché preferisce il sistema delle primarie per selezionare i candidati, un po’ perché teme che la questione possa rinviare l’approvazione della riforma elettorale.

Sul tavolo ci sono poi altri due problemi. Il primo è la soglia di sbarramento. Leu non ha votato l’adozione del testo base perché considera eccessiva, per l’esperienza italiana, la soglia del 5%. Iv ufficialmente non si esprime sulla soglia, ma è chiaro che il 5% sarebbe proibitivo per il partito di Renzi. I renziani hanno posto anche una questione più generale, che riguarda la necessaria modifica dell’intero assetto istituzionale. Per accettare il proporzionale, in altre parole, vorrebbero modifiche costituzionali di portata anche maggiore del taglio dei parlamentari, come l’introduzione della sfiducia costruttiva e modifiche al bicameralismo paritario.

La legge elettorale, alla quale guarda con attenzione anche il Quirinale consapevole che si tratta di una modifica necessaria dopo l’approvazione del taglio dei parlamenti, non è però la solo riforma in cantiere. La prima in dirittura d’arrivo è l’abbassamento a 18 anni dell’età per eleggere i senatori. E poi c’è la cancellazione della base regionale per l’elezione del senato. Sullo sfondo le proposte del Pd che poco prima del referendum hanno annunciato un pacchetto per dare un contesto al taglio, con sfiducia costruttiva, bicameralismo differenziato e più poteri al presidente del Consiglio. Il buon risultato di Zingaretti porterà a rilanciare le proposte, che non piacciono però ai 5 Stelle.