«La legge elettorale è morta e a ucciderla sono stati i 5 Stelle», dichiara un’ora dopo la deflagrazione il relatore Emanuele Fiano. Che la responsabilità del fattaccio sia tutta del Movimento di Grillo è discutibile, sia perché il Movimento aveva dichiarato in anticipo le proprie intenzioni, sia perché una maggioranza già di per sé ampia e in più supportata da Forza Italia e Lega avrebbe dovuto garantire da sola la bocciatura dell’emendamento. Invece si è rivelata fitta di franchi tiratori. Anche che il capitolo sia definitivamente chiuso non è del tutto certo. Lo stesso Matteo Renzi, che pur scalpita per correre al voto, se ne rende conto. La riunione della segreteria convocata per decidere cosa fare sceglie infatti il rinvio.

Il segretario è convinto che di strada per una legge non ce ne sia più. Ha ripetuto che il Pd non intende ricominciare da capo «come in un gioco dell’oca». Ha addossato a Beppe Grillo ogni responsabilità. Però la parola finale la ha rimandata a dopo le elezioni amministrative di domenica prossima, che daranno indicazioni importanti sulla forza del Pd e su quella degli avversari. Ancor più della prova elettorale, il Pd aspetta il voto di fiducia sulla manovrina e i voucher di martedì al Senato. «La legge non c’è più e anche la tenuta della maggioranza è incerta», ripeteva ieri Rosato. Se la fiducia dovesse mancare per il voto contrario dell’Mdp il gioco sarebbe fatto. Renzi potrebbe reclamare le elezioni senza doversi preoccupare troppo del vero ostacolo sulla strada della corsa al voto con il Consultellum: il Quirinale.

Mattarella è prudente come sempre e più che mai taciturno, tanto più che il disastro di ieri dimostra quanto quel silenzio fosse davvero d’oro. Ma pur nel suo stile il capo dello Stato non è rimasto inerte. Fa sapere, informalmente, di essere «preoccupato per lo stallo del dialogo» e di aver «seguito con molta attenzione» la giornata nera e campale della Camera. Fa però filtrare anche qualcosa di molto più rilevante: che il decreto, necessario per andare al voto, potrà essere fatto solo a fine legislatura e con contenuti puramente tecnici. Non potrà surrogare una legge elettorale, inclusa la modifica delle soglie di sbarramento previste dalle due leggi che, uscite fuori dalle bocciature della Consulta, compongono il Consultellum.

E’ un colpo di freno, che nei contatti di ieri tra Colle e Nazareno è apparso anche più marcato. Perché, in ogni caso, il decreto richiederà un paio di mesi per la conversione, il che rende le elezioni in settembre a cui mira Renzi quasi irraggiungibili. Poi perché nulla garantisce che in fase di conversione il decreto stesso non sia emendato con contenuti di merito, e le cose andrebbero in quel caso ancor più per le lunghe. Senza contare il rischio di una mancata conversione, che metterebbe il Paese davvero con le spalle al muro: si troverebbe nell’impossibilità di votare senza un decreto che sarebbe però inapplicabile perché bocciato dal Parlamento.

Sono considerazioni tecniche che rinviano a un obiettivo politico. Mattarella si augura che il dialogo riprenda e che la legge possa essere oggetto di una «revisione» tale da riannodare i fili dell’accordo a quattro. In fondo, pensano al Quirinale, l’incidente di ieri si sarebbe potuto sdrammatizzare, mentre il Pd ha fatto l’esatto contrario decidendo da solo che la legge era blindata nonostante il Movimento 5 Stelle avesse dichiarato in anticipo le proprie intenzioni e poi dichiarandola morta quando ancora i 5S insistevano invece per portarla avanti.

Che questo sia l’auspicio del presidente della Repubblica è certo. Corre voce, impossibile capire quanto fondata, che la pensi allo stesso modo un altro presidente il cui peso è altrettanto determinante, quello della Bce, Mario Draghi. Ma alla fine la palla è nelle mani di Matteo Renzi, che però non potrà ignorare del tutto le posizioni degli altri soci del defunto accordo. Berlusconi insiste sulla necessità che gli italiani votino «con una legge adeguata e omogenea». Formula scelta e calibrata apposta per chiarire che Arcore non ne fa una questione di tempi. Fi è ancora pronta a sostenere il voto in autunno. Però non con il Consultellum. La Lega è stata rapida quasi quanto il Pd nel dichiarare tramontati accordo e legge elettorale. Ma l’elemento chiave è il Movimento 5 Stelle.

Subito dopo il voto devastante della mattina, sia Luigi Di Maio, lo sconfitto, che il capogruppo Roberto Fico, che con il fallimento dell’intesa segna invece un punto a proprio favore, avevano lasciato le porte aperte, chiedendo di proseguire come se nulla fosse. Nel corso della giornata però le posizioni sono cambiate. Grillo è diventato drastico: «Adesso fatevi la legge da soli». Poi è proprio Danilo Toninelli, tra i massimi sponsor dell’accordo nel Movimento, a chiudere ogni spiraglio: «Mi dispiace per Mattarella ma la legge è morta e la legislatura finita». Per Renzi è musica.