Se l’indipendentismo di massa in Catalogna è cosa relativamente nuova, nei Paesi Baschi la separazione dal resto della Spagna è da sempre un’opzione che gode di notevole sostegno. Motivo per il quale in Euskadi le elezioni di domenica sono state seguite con particolare attenzione, e lo stesso è accaduto in Navarra, l’altra Comunità autonoma spagnola che, per i nazionalisti, appartiene a Euskal Herria, la «patria basca», composta anche dai territori francesi.

La principale forza politica basca, lo storico Pnv, non è apertamente indipendentista. Semplificando, ha posizioni analoghe a quelle che difendeva il partito del governatore catalano Artur Mas prima della «svolta» indipendentista: un autonomismo «dialogante», pronto a conquistare nuovi spazi di autogoverno per la propria Comunidad in ogni congiuntura politica favorevole. Ciò che sta accadendo a Barcellona, però, non è senza conseguenze: pur continuando a presentarsi come forza più moderata, il Pnv ora chiede con forza «un nuovo quadro giuridico-politico che riconosca che Catalogna ed Euskadi sono nazioni e che hanno diritto a decidere il proprio futuro, come in passato è accaduto al Québec e alla Scozia». Lo ha ribadito ieri il segretario Andoni Ortuzar nella conferenza stampa sul voto catalano, che per il Pnv ha «un chiaro vincitore: Junts pel Sí».

Nel mirino del principale partito nazionalista basco – che governa la Comunità autonoma e i capoluoghi Bilbao, San Sebastián e Vitoria – c’è l’immobilismo del governo di Mariano Rajoy, a cui Ortuzar ha chiesto «un cambiamento di 180 gradi nel modo di affrontare – anzi di non affrontare – il problema territoriale, incarnato nel fatto che né Euskadi né la Catalogna si identificano nell’attuale stato spagnolo, perché esso non riconosce la specificità nazionale basca e catalana». Il «nuovo status politico» che il Pnv immagina per i Paesi Baschi non è quello che deriva da una dichiarazione unilaterale di indipendenza, ma da un percorso che, senza rotture di legalità, porti a «un rapporto bilaterale con lo stato centrale».

Di cammino verso la «creazione di uno stato basco indipendente» parla invece Eh Bildu, coalizione che rappresenta l’altra «famiglia» del nazionalismo basco, quella collocata a sinistra, riconducibile a quella izquierda abertzale («patriottica») affine, in passato, all’organizzazione armata Eta. Il portavoce Hasier Arraiz ha sottolineato ieri che «la maggioranza dei catalani è favorevole al diritto a decidere», lo stesso diritto che la sua organizzazione chiede che venga riconosciuto ai baschi. Per il futuro immediato Eh Bildu pensa a una consultazione legale fra i cittadini: «Proporremo nel parlamento di Euskadi una legge che renda possibile il referendum», ha dichiarato Arraiz. Una strada simile a quella seguita da Mas, ma che si è finora scontrata con il niet della Corte costituzionale: ammesse consultazioni referendarie solo se convocate dal governo centrale.

Per Eh Bildu la secessione è un obiettivo perché «solo l’indipendenza garantisce la giustizia sociale». Parole molto diverse da quelle del Pnv, forza di centro-destra che ha sempre difeso gli interessi della borghesia basca.
Quando a prevalere sono le questioni sociali su quelle nazionali nascono esperimenti interessanti, come quello dell’attuale governo della Navarra: una coalizione che comprende Eh Bildu e Podemos. Per la presidente navarra, Uxue Barkos, «i risultati catalani rafforzano la necessità di dialogo».