Sono in sciopero dal 27 giugno e proseguiranno a oltranza i 2 mila lavoratori dello stabilimento Fca di Kragujevac, in Serbia. Ieri hanno partecipato alle proteste anche due esponenti della Fiom-Cgil: «Si sono mossi in corteo per le linee, alla testa avevano la bandiera nazionale. Ai cancelli c’è stata una conferenza stampa: non produrranno più vetture fino a quando l’azienda non si siederà al tavolo delle trattative», hanno raccontato Michele De Palma e Valentina Orazzini, rispettivamente responsabile settore auto e responsabile per l’Europa della Fiom.

L’impianto serbo, dove una volta si realizzava la Zastava, è frutto di una joint venture tra Fca (67%) e governo di Belgrado (33%). La premier serba Ana Brnabic ieri ha chiesto ai lavoratori di interrompere la protesta sottolineando che Fca non avvierà trattative con lo sciopero in corso. Tre giorni fa i rappresentati sindacali locali si sono rifiutati di incontrare la premier: la legge serba obbliga i datori di lavoro ad aprire i negoziati in presenza di scioperi. Si aspettavano che il governo facesse rispettare le norme invece ha preso le parti di Fca, che è il primo esportatore del paese con un peso nel 2016 dell’8% sul totale nazionale, il 3% del Pil serbo. I sindacati hanno chiesto l’intervento dell’Ispettorato del lavoro, che potrebbe multare l’azienda fino a chiudere il sito.

Il blocco della produzione il 27 giugno era stato anticipato da una protesta dimostrativa, la settimana precedente, con la sospensione delle attività in due giorni per un’ora: «Lavoro decente, paghe decenti», lo slogan utilizzato. Allo sciopero a oltranza ha aderito il 95% dei blue collar ma nessuno degli impiegati. Gli operai chiedono il rimborso dei costi di trasporto per chi fa i turni notturni (dalle 22 alle sei del mattino) e il pagamento del bonus di produzione 2016 più un aumento per il 2017. Soprattutto vogliono un salario migliore, visto che la paga è inferiore alla media serba: dagli attuali 38 mila dinari a 45 mila (circa 370 euro lordi). E poi una migliore organizzazione del lavoro.

A Kragujevac si produce la 500L, un modello che non ha avuto fortuna sul mercato tanto che lo scorso 25 maggio è stata lanciata una nuova versione, nel tentativo di rianimare le vendite. L’anno scorso sono stati licenziati in 900: con la forza lavoro ridotta di un terzo, nel 2017 devono sfornare lo stesso quantitativo di vetture, 85 mila, e chi è sulle linee deve coprire anche chi è in malattia o in maternità. «Ci hanno raccontato di carichi di lavoro aumentati vertiginosamente – spiega De Palma – sia sulle linee che in Logistica, con carrelli di materiali che sfrecciano per la fabbrica. Le lamentele sui carichi si lavoro sono le stesse in tutti i siti Fca. I concorrenti puntano tutto sull’elettrico e la guida assistita, il Lingotto insiste sulla flessibilità e il basso costo del lavoro».

In giro per Kragujevac si vedono solo auto di seconda mano, magari arrivate dalle rottamazioni dei paesi vicini. Con le attuali paghe comprare una Fiat per i lavoratori serbi è impossibile. «Alle proteste – spiega Orazzini – Fca ha replicato che non intende discutere fino alla scadenza dell’attuale contratto, a ottobre, e comunque non con lo sciopero in corso. I sindacati IndustriAll Europe e IndustriAll Global Union hanno ufficialmente chiesto all’azienda di sedersi al tavolo di confronto.

La Fiom diffonderà nel network dei lavoratori Fca la vertenza dei colleghi serbi per sostenerla. La Volkswagen ha aumentato i salari in Slovacchia, il Lingotto cerca di battere la concorrenza con il dumping sociale. È un tema che si ripete in tutte le loro sedi nel mondo».