Se Cuba socialista ha saputo e potuto sopravvivere all’implosione dell’Urss, una parte del merito va a Armando Hart, l’intellettuale e compagno di lotta di Fidel Castro scomparso domenica scorsa all’età di 87 anni. Fu lui il primo ministro dell’Educazione del governo rivoluzionario di Fidel a «fare della scuola la principale istituzione culturale dell’isola». Soprattutto, fu sempre Hart che, ancora su indicazione del leader maximo, seppe collocare il pensiero di José Martí «nel centro del nucleo irradiante» della politica, della cultura e dell’etica del modello socialista cubano. Questa componente martiana, che vede nella «Patria grande» latinoamericana la base politico-culturale storica della liberazione dell’America latina, è al centro dell’iniziativa politica non solo di Cuba, ma del «Socialismo del XXI secolo» dell’Allenza bolivariana con Venezuela, Bolivia e Ecuador soprattutto. Non stupisce dunque che lunedì, alla cerimonia d’addio nella sede della Società culturale José Martí, creata e diretta da Hart, abbia partecipato Raúl Castro.

Il presidente, che ha più volte affermato di lasciare la sua carica il prossimo febbraio, negli ultimi mesi ha ridotto al minimo la sua presenza in pubblico lasciando spazio al vicepresidente Díaz-Canel, ritenuto il suo più probabile successore. Con Raúl ha reso l’estremo omaggio a Hart il vertice politico culturale del Paese. Hart, che negli ultimi tempi aveva dovuto ridurre la sua attività per problemi di salute e ormai si muoveva su una sedia a rotelle, era un avvocato. Partecipò attivamente alla lotta di opposizione alla dittatura di Fulgencio Batista e iniziò il suo sodalizio con Fidel Castro nel 1955, durante la costituzione della Direzione nazionale del Movimento 26 luglio, il braccio politico della guerriglia.

«Con certezza posso affermare che la mia vita è divisa in due tappe: prima e dopo aver conosciuto Fidel», ebbe a dire un anno fa partecipando ai funerali del lider maximo. Nel corso di tale lotta di liberazione conobbe Haydée Santamaria – una delle eroine della rivoluzione e fondatrice dell’istituzione culturale Casa de las Américas – che divenne la sua prima moglie. Al trionfo della Rivoluzione fu nominato ministro dell’Educazione (1959-65) e fu promotore e organizzatore della colossale e celebre Campagna di alfabetizzazione che coinvolse milioni di cubani di ogni età e che rese possibile mettere fine all’analfabetismo nell’isola. Fu membro dell’Ufficio politico del Pc cubano (fino al 1991) e creò e guidò il ministero della Cultura nel 1976, anno in cuo fu nominato deputato dell’Assemblea nazionale. Nel 1977, per incarico di Fidel, creò la Società culturale José Martí per preservare la memoria e l’opera dell’«Apostolo della patria». Avendo come piattaforma il pensiero martiano e «fidelista», Hart ha dedicato gli ultimi anni della sua vita in iniziative per dare continuità al processo rivoluzionario cubano. Essenzialmente si è trattato di un dialogo fra le diverse generazioni, uno «scambio di esperienze tra due secoli», tra chi ha fatto la Rivoluzione e poi ne ha assunto la responsabilità politica e amministrativa e le nuove generazioni che dovranno darne continuità «in questo inizio del XXI secolo».

«Hart fu un personaggio chiave per l’integrazione dell’intellettualità cubana nel processo rivoluzionario. Uomo di grande cultura ,studioso di Marx ma anche di Martí, ebbe il merito di dare un fondamento fiosofico-politico al movimento rivoluzionario, ibridando il pensiero marxiano con la componente nazionalista latinoamericana – la “Patria grande”martiana» sostiene lo storico e analista Enrique López Oliva.

Hart ha espresso questo suo contributo in una serie di libri. Nei giorni scorsi, alla commemorazione del primo anniversario della morte di Fidel Castro era stato presentato un suo libro, «Cuando me hice fidelista» curato dalla sua seconda moglie Eloísa Carrera, impegnata in un progetto editoriale per raccogliere «il pensiero orginale» di Armando Hart.