Il rapporto annuale del Censis ha suonato l’allarme. Una parte «statisticamente significativa» della popolazione italiana è in preda all’irrazionale.

Il rapporto risente di un limite: la raccolta dei dati è orientata secondo parametri molto semplici, buoni per formarsi un’idea sufficientemente definita di ciò che sul piano psichico stia accadendo tra di noi, ma inadeguati a coglierne la complessità.

La prospettiva finale è, al tempo stesso, chiara e approssimativa. Sarebbe meglio osare un approccio conoscitivo in grado di inquadrare più rigorosamente il campo dell’indagine e interpretare meglio i dati raccolti.

Il fatto che per il 5,9% degli italiani il Covid non esista e per il 10,9% il vaccino sia inutile, non è così sorprendente. Lo è di più il fatto che per un terzo dei noi il vaccino è un farmaco sperimentale di cui siamo le cavie.

Le reazioni di diniego nei confronti di un pericolo infettivo imprevedibile e/o lo spostamento della minaccia a un oggetto concreto che si può evitare, sono da sempre presenti.

L’ampia diffusione dell’idea di essere degli oggetti di sperimentazione è ben più preoccupante perché mostra una caduta forte della fiducia nelle istituzioni.

E se questa idea non è vera per i vaccini, siamo cosi sicuri che non lo è per tante altre cose (da cui una classe politica indebolita nel suo potere non riesce a proteggerci adeguatamente)?

Bisogna fermarci e riflettere, perché la sfiducia nelle istituzioni non è di per sé razionale o irrazionale. Essa esprime un’alterazione nel rapporto tra noi e i nostri rappresentanti e l’unica via ragionevole per uscire dall’impasse è cercarne di comprenderne i motivi piuttosto che bollare i cittadini come irrazionali. È importante ricordare che la «razionalità» collettiva va e viene e mantenerla in vita richiede alcune condizioni non semplici da garantire.

In primo luogo converrebbe riconoscere che i principi sui cui di fatto si fonda la nostra società, la logica del profitto sregolato (il bel regalo che ci hanno fatto la deregulation e il liberismo) e l’ineguaglianza spaventosa degli scambi (la globalizzazione dell’arbitrio), non sono esattamente un modo equilibrato di gestire la vita comune. Sono il derivato di un pensiero sordomuto e cieco, ma ahimè troppo eloquente come schema mentale preformante.

L’incapacità di uscire dalla catastrofe ambientale sempre più incombente, di fronte alla quale la leadership politica mondiale si mostra divisa e senza una prospettiva vera, mostra che non sia la ragione a guidare le nostre sorti. L’accumulazione di fortune immense senza alcuna corrispondenza con il godimento della vita è degna di persone adulte? Perché in un modo psicotico nella sua impostazione dovremmo restare «razionali»? È già un miracolo che non siamo impazziti.

In secondo luogo non dobbiamo confondere l’irrazionalità con l’ignoranza. Il fatto che il 5,8% degli italiani pensa che la terra sia piatta è un po’ più grave del fatto che il 10% pensa che l’uomo non sia mai sbarcato sulla luna. Ma in entrambi i casi si tratta di ignoranza non di «negazionismo storico-scientifico».

Ignoranza da sempre presente tra di noi (nel campo della sessualità è molto più diffusa) che esprime una certa indifferenza psichica nei confronti della realtà, una paura di conoscerla che riguarda gli oggetti più impensati. Sono aspetti inerziali della rappresentazione del mondo che non emergono se non sotto una pressione emotiva forte.

Vale la pena di distinguere tra «razionalità» e «ragionevolezza». Molte delle aberrazioni etiche della storia umana sono state condotte in modo assolutamente logico, razionale (alcune delle «conquiste» della medicina vengono dai campi di concentramento e di sterminio nazisti). La ragionevolezza è fatta di pensiero e di sentimenti.

Bisogna essere vivi sul piano dei desideri e delle emozioni (pure se siamo travagliati) per potere pensare la cosa giusta che ha a che fare non con una ragione suprema, ma con il rispetto della vita realmente vissuta.

Cerchiamo di essere ragionevoli perché possiamo ospitare idee pazze (molto più pericolose dell’ immaginare la terra piatta) dentro di noi anche se siamo geniali. Soprattutto non dimentichiamo che, il più delle volte, le idee irragionevoli sono promosse razionalmente, per motivi diversi ma convergenti, dai tanti che sfruttano le paure diffuse nel nostro modo precario per portarlo dove pensano sia conveniente. La convenienza personale: la cosa più irragionevole di questo mondo.