Ieri mattina al Palazzo del Quirinale – in streaming e diretta tv per le restrizioni sanitarie – si è svolta la cerimonia relativa alla Giornata internazionale della donna. Un otto marzo ancora segnato dalla pandemia, ha esordito il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha avuto ricadute consistenti soprattutto sulle categorie più deboli ed esposte e anche sulle donne. Il primo elemento sollevato dal capo dello Stato è il dato allarmante dei femminicidi, per cui le vittime nel 2020 sono state settantatré e in questi primi due mesi del 2021 dodici.

DEFINENDO il fenomeno della violenza maschile «impressionante», Mattarella ha letto i nomi delle dodici assassinate: Sharon, Victoria, Roberta, Teodora, Sonia, Piera, Luljeta, Lidia, Clara, Deborah, Rossella e Ilenia. Si tratta di «un distorto concetto del rapporto affettivo. Di una mentalità che è solo possesso, bramosia, dominio e, in fin dei conti, disprezzo».
Alla presenza del Presidente del Consiglio Mario Draghi, della ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti e delle più alte cariche dello Stato, Mattarella ha sottolineato come la violenza abbia a che fare anche con il linguaggio, definito «ottuso e selvaggio», quando nutre stereotipi e pregiudizi. In particolare quest’anno, il cui tema istituzionale della Giornata è «Con rispetto. Educando», il Presidente segnala quanto il rispetto per le donne sia «questione che attiene strettamente alla politica» poiché «compromettere l’autonomia, l’autodeterminazione, la realizzazione di una donna, esprime una fondamentale mancanza i rispetto verso il genere umano». Un discorso articolato in cui non poteva mancare il riferimento al lavoro.

ANCHE QUI IL TONO del Presidente è sobrio ma grave, come infatti riferiscono i dati Istat «sono 440mila le lavoratrici in meno rispetto al dicembre 2020 mentre sono a rischio un milione e 300mila posti di lavoro di donne che lavorano in settori particolarmente colpiti dalla crisi». Ma c’è di più, ovvero la dichiarazione pubblica di alcune pratiche che dovrebbero essere congedate, come per esempio quella della firma delle dimissioni in bianco, e che invece concorrono alla «violenza economica che esclude le donne dalla gestione del patrimonio comune o che obbliga la donna ad abbandonare il lavoro in coincidenza di gravidanze».
Anche Mario Draghi è intervenuto con un videomessaggio alla conferenza di ieri «Verso una strategia nazionale sulla parità di genere», promossa dalla ministra Bonetti. Commenta subito Antonella Veltri, Presidente di Di.Re., sull’impatto di genere di cui ha parlato Draghi di tutti i progetti inclusi nel Recovery Plan. E prosegue specificando che «usare bene il Recovery Fund è la sfida più immediata».
A proposito dell’annuncio di Bonetti del «Piano Parità» Veltri vorrebbe che fossero prese in considerazione «le donne a tutto tondo, e non solo in quanto lavoratrici-madri che devono conciliare lavoro di cura e lavoro remunerato». Perché se è vero che è importante quanto detto da Sergio Mattarella, bisogna insistere sulla precisazione delle «disparità economiche, discriminazioni e violenze: sono tutte figlie della stessa radice. Figlie di una mentalità dura a scomparire. Per questo serve un cambiamento culturale che consideri il lavoro di cura un impegno di tutti, donne e uomini, dentro e fuori dalle famiglie».