Mentre a Roma i palazzi del potere vanno in fibrillazione, Enrico Letta da New York non cambia i suoi programmi. Certo il «punto stampa» programmato per le 13 ora locale per fare un punto sul viaggio negli Usa, subito dopo la conferenza alla Columbia University (iniziata con una gaffe del professore che lo presenta «Do ora la parola a Gianni Letta…scusate, terribile errore, a Enrico Letta»), doveva avere tutt’altro tono. Prima di presentarsi ai giornalisti, il premier italiano si apparta per scrivere un brogliaccio delle cose che vuole dire. Per tutta la mattinata si è tenuto in contatto con il ministro Franceschini, il suo vice Alfano, e naturalmente con il capo dello stato.

Quando il premier parla, in Italia sono le 19. Per prima cosa, si schiera graniticamente con il Colle, con il quale condivide «dalla prima all’ultima parola». Napolitano resta il faro del governo, e anche dall’altra parte dell’oceano «è individuato dall’intera comunità internazionale come un punto di riferimento fondamentale per il nostro paese». Quanto a lui, da capo del governo, annuncia che in parlamento chiederà «un chiarimento». L’arrivo in Italia è previsto alle 12. Nel primo pomeriggio, per prima cosa, si recherò al Quirinale, e da lì «si valuteranno le opzioni». Ma di una cosa è sicuro: «Voglio che tutto accada davanti ai cittadini, nel più breve tempo possibile». Il consiglio dei ministri che dovrebbe intervenire sull’Iva non è ancora convocato. Potrebbe riunirsi in serata o sabato mattina, e sarebbe ancora in tempo a varare un provvedimento che lunedì mattina potrebbe essere pubblicato sulla Gazzetta.

Ma tutto dipende dal colloquio al Colle («valuterà con Napolitano le modalità») e dalla disponibilità dei ministri a garantire un percorso al provvedimento. I segnali sono tutti negativi, e Letta , che ha vissuto l’accelerazione della crisi politica mentre cercava di convincere gli imprenditori americani del fatto che l’Italia fosse un paese «giovane e stabile», stavolta non usa mezzi termini: le dimissioni annunciate dei parlamentari del Pdl sono «Un’umiliazione per l’Italia».

Letta è pronto a presentarsi alle camere, «abbiamo tante scadenze, abbiamo bisogno di un governo che affronti i problemi. Io so dove andare e lo dirò in parlamento». Una scelta che in realtà aveva già maturato prima di volare negli Usa. Ma certo ora la situazione è precipitata. Il giorno della verità potrebbe essere martedì primo ottobre, quando avrebbe dovuto riferire alle camere sul caso Telecom. Non mercoledì, quando dovrebbe volare a Varsavia per un incontro intergovernativo molto delicato. Ma certo tutto dipende dalla «verifica» della sua maggioranza. Da qui «si valuteranno le opzioni». Inutile per i giornalisti chiedere cosa c’è all’orizzonte, se le dimissioni e un’altra maggioranza. Dentro Sel la discussione è già aperta. Dentro l’M5S la discussione si è chiusa da tempo, ma c’è un manipolo senatori dissidenti disponibili, anche se sono gli stessi dem a fare sapere che non vedono bene una nuova maggioranza «raccogliticcia». Oppure un governo del presidente che porti alla fine dell’anno, e incassi – a colpi di una nuova maggioranza – la legge di stabilità e la legge elettorale, anche grazie al pronunciamento della Consulta sul premio di maggioranza del Porcellum. Letta si limita a dire, all’indirizzo della destra, che «da un muoia Sansone con tutti i filistei non ha da guadagnare Berlusconi, il Pdl e tanto meno l’Italia». Il messaggio è chiaro.

Gli scenari invece fioccano alle cinque del pomeriggio, ora italiana, nel parterre del cinemino Farnese, in pieno centro di Roma, dove la corrente bersaniana Fare il Pd ha organizzato il lancio pubblico del sostegno a Cuperlo. Sala stipata, restano fuori anche molti parlamentari. Il viceministro Stefano Fassina si schiera con il premier: «Al punto in cui siamo è necessario verificare se ci sono le condizioni per un governo utile per il paese». Quanto al Pd «un premier c’è, non dobbiamo eleggerlo a congresso». Parole che però si prestano a tante interpretazioni: se si andasse rapidamente al voto, e cioè entro marzo, salta il congresso, ma certo Matteo Renzi è pronto per correre per la premiership. Intanto oggi il sindaco sarà alla direzione. Al Nazareno la commissione sulle regole ha continuato a lavorare, ma renziani e cuperliani, uniti nella determinazione a far svolgere il congresso, ammettono un clima ancora incerto. Epifani garantisce sull’esito della riunione di oggi.

Che però si svolgerà proprio mentre Napolitano e Letta calendarizzeranno la crisi. Che qui ormai è considerata inevitabile. Spiega un dirigente: «Lo sa anche Letta, non reggiamo a questo logoramento, abbiamo segnali che la nostra base non ci consente di andare avanti in queste condizioni, con un Pdl che ricatta e ingessa l’attività del governo». Bersani del resto non usa più mezze parole: dal Pdl «un messaggio messaggio eversivo». Si può governare in alleanza con un eversivo? Per la prima volta il Pd dice no.