I vertici del Partito socialista di Catalogna (Psc) non fanno trasparire, per ora, le numerose crepe al loro interno. Eva Granados, capogruppo del Psc al Parlament catalano subito dopo la conferenza stampa di Mariano Rajoy ha parlato con il manifesto. «Noi socialisti sono mesi che avvertiamo dei rischi di portare le istituzioni catalane fuori dalla legge», dice subito.

La responsabilità è degli indipendentisti quindi?

Il 6 e 7 settembre la maggioranza di Junts pel Sí e della Cup ha approvato la legge dei referendum e quella di transitorietà giuridica (annullate dal Tribunale costituzionale, ndr) senza nessuna garanzia, contro il parere dei giuristi del Parlament, con un procedimento parlamentare irregolare, in un solo giorno, senza nessun tempo per studiarla e proporre emendamenti. Sono stati vulnerati i nostri diritti parlamentari, come quello di chiedere un parere giuridico al Consiglio di garanzia dello Statuto. Quel giorno loro hanno portato le istituzioni catalane fuori dalla cornice legale.

Ma vi accusano di essere stati voi a impedire loro di agire in qualsiasi altro modo, e che alla fine hanno deciso di far prevalere i diritti dei cittadini su quelli dei parlamentari.

Questo è un uso del potere totalmente arbitrario. La convivenza e la democrazia si garantiscono solamente quando si rispettano le regole che ci siamo dati. Il fine non giustifica i mezzi. Da quel giorno hanno chiuso il parlamento, nessuno controlla il governo catalano, non possiamo fare il nostro lavoro di opposizione.

D’accordo. Ma che pensa delle dure misure proposte da Rajoy?

Quello di oggi è solo un altro passo verso l’articolazione del 155, oggi non viene ancora applicato. Ma è certo che lo scontro di treni è sempre più vicino e le conseguenze saranno nefaste. Noi socialisti abbiamo lavorato alacremente per non arrivare fino a qui, è la sconfitta della politica.

Secondo lei sono le misure adeguate?

Le imprese stanno lasciando la Catalogna, non abbiamo più entità bancarie, il consumo interno si è abbassato…

Ne è sicura?
Non ho dati, ma basta parlare con i negozianti… e poi sono bloccati gli investimenti… Il deterioramento del tessuto economico e della convivenza… c’è una minoranza, lo dicono gli stessi dati del referendum che non riconosciamo, che si vuole imporre a una maggioranza e rompere la convivenza.

D’accordo. Ma che proponete?

Il Psc ha chiesto al presidente Puigdemont di scegliere fra convocare le elezioni, la nostra opzione preferita, per votare con tutte le garanzie. Oppure nel momento in cui si dovrà presentare al Senato, approfittarne per aprire un dialogo per arrivare a un patto di stato per la Catalogna.

Che vuol dire?
Una volta che torniamo alla legalità, si può iniziare un dialogo per riformare lo statuto e la costituzione che sappiamo bene essere migliorabile, e il Senato potrebbe essere il posto giusto per aprire questo dialogo. Fino all’approvazione del senato delle misure proposte dal governo dobbiamo lavorare per trovare un accordo politico.

Insisto: le misure del governo sono adeguate?

Le abbiamo appena viste. Le valuteremo lunedì collettivamente.

Non la spaventa che ci siano molti socialisti che stanno restituendo la tessera e le minacce di rompere gli accordi di governo in molti comuni?

Ci sono stati anche molti nuovi iscritti dopo il 6 settembre. E comunque noi abbiamo accordi con tutti i partiti nei comuni catalani, basati su logiche municipali. Se ci sono organizzazioni che in maniera irresponsabile decidono che questo conflitto è più importante della convivenza municipale se ne prendano la responsabilità. Noi guardiamo ai cittadini, per tutelare la convivenza, i posti di lavoro e il risparmio.