«Cara compagna Dilma, non dubitiamo che Brasile 2014 sarà una vera festa di pace, tolleranza, diversità, dialogo e comprensione. E speriamo che il primo posto resti nella Patria grande». Questo l’augurio di Cristina Fernandez, presidente dell’Argentina, inviato tramite twitter alla sua omologa brasiliana. Un augurio di buon proseguimento sulla strada dell’integrazione latinoamericana per rinnovare il sogno del Libertador Simon Bolivar e della «Patria grande» appunto.

Fra la decina di capi di stato che hanno partecipato all’inaugurazione dei Mondiali, quelli più impegnati nel «socialismo del XXI secolo», come l’ecuadoriano Rafael Correa o il boliviano Evo Morales hanno sottolineato questo aspetto. E si sono detti convinti che il governo Dilma saprà superare le difficoltà del momento e le contestazioni della piazza. Ieri un gruppo di manifestanti ha cercato di raggiungere lo stadio Arena Corinthians, ma è stato respinto dalla polizia con lacrimogeni e proiettili di gomma, e c’è stato un arresto. I lavoratori del metro San Paolo hanno accettato di sospendere lo sciopero dopo la promessa di aumenti salariali e quella del reintegro dei 42 colleghi sospesi, ma restano sul piede di guerra.

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Intanto a Rio de Janeiro, la seconda città più grande del paese, alcuni portuali hanno annunciato uno sciopero di 24 ore e ieri hanno bloccato il traffico nei dintorni del porto. La presidente brasiliana, che mantiene la disponibilità ad «ascoltare la voce della piazza», ne ha però rigettato le critiche: non è vero – ha affermato – che i costi del Mondiale hanno tolto soldi alla salute, all’educazione e altri servizi pubblici. Negli ultimi tre anni, il paese ha speso 212 volte di più in salute e scuole che negli stadi. La spesa pubblica per la salute e quella per l’istruzione (che Dilma promette di raddoppiare ancora) sono tra le voci più cresciute, ha detto la presidente, che si è impegnata a combattere più efficacemente la corruzione.

Gli 11 milioni di dollari spesi per la Coppa? Il paese ne trarrà beneficio sul lungo periodo: «Abbiamo fatto tutto questo per i brasiliani, le opere pubbliche costruite in occasione della Coppa, non se ne andranno nelle valige dei turisti», ha detto ancora Dilma, dando il benvenuto agli ospiti. Fra questi, la sua omologa cilena, Michelle Bachelet, che sta effettuando un viaggio in America latina. Anche Bachelet ha il suo daffare con i movimenti che l’hanno eletta sperando che questa volta porti a termine importanti riforme sociali. Con uno sciopero della fame di quaranta giorni, i nativi mapuche in carcere, le hanno ricordato l’insopportabilità delle leggi d’emergenza, in vigore dai tempi del dittatore Pinochet. E gli studenti, ancora in piazza in questi giorni, spingono per la convocazione di un’Assemblea costituente che dia una vera svolta al paese. Prima dell’inaugurazione, Rousseff e Bachelet hanno discusso di diritti umani e si sono scambiate informazioni circa le vittime del Piano Condor, la rete criminale a guida Cia mediante la quale, negli anni ’70-’80, le dittature sudamericane hanno eliminato gli oppositori. Il regime militare in Brasile è durato dal 1964 all’85. Quello cileno, dal 1973 al ’90. La cooperazione fra Dilma e Michelle dovrebbe portare a un accordo che venga incontro alle richieste delle organizzazioni per i diritti umani dei due paesi.

Alcuni presidenti, come Correa e Morales, ripartiranno subito per la Bolivia insieme al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, per assistere all’inaugurazione del vertice del G77 più la Cina che comincia domani a Santa Cruz. Prima, però, hanno concordato una presenza nella trasmissione diretta da Diego Maradona, in collegamento con Telesur. Maradona ha assicurato che, appena finisce il Mondiale, tornerà subito in Venezuela per «stare vicino» al presidente Nicolas Maduro, messo sotto attacco dalle proteste della destra dal 12 febbraio scorso.