Nei cieli libici è in corso una guerra. Tripoli è nel mirino dei miliziani di Zintan, gruppo vicino all’ex agente Cia Khalifa Haftar, autore del tentativo di golpe del maggio scorso. Haftar ha segnato un punto a suo favore con la farsa elettorale del 25 giugno e l’insediamento del contestato parlamento di Tobruk, due settimane fa. Già lo scorso lunedì cinque miliziani jihadisti, «Scudo di Misurata», erano rimasti uccisi, in un raid lanciato da due caccia non identificati su Tripoli e Bengasi. Khalifa Haftar e i miliziani di Zintan si sono attribuiti la paternità dell’operazione. Secondo il portavoce della milizia Scudo, Alaa Dweik, i caccia hanno bombardato alcuni avamposti, controllati dai jihadisti, lungo la strada che conduce all’aeroporto. Fonti mediche, hanno confermato che diverse decine di feriti sono stati ricoverati nell’ospedale vicino alla base aerea di Mitiga in seguito al raid.

La battaglia per il controllo dell’aeroporto di Tripoli va ormai avanti da oltre un mese, e ha causato almeno cento morti, innescando l’evacuazione delle principali rappresentanze diplomatiche presenti nel paese. E così con il timore di nuovi attacchi, ieri il governo libico ha disposto la chiusura dello spazio aereo, per i continui combattimenti attorno agli scali.

La notizia è stata confermata dall’autorità aeroportuale del Cairo. Decine di voli diretti a Tripoli e Misurata sono stati cancellati. I voli sono stati sospesi anche a Sirte. Non solo, sono proseguiti anche ieri a Tripoli i lanci di razzi, missili Grad e colpi di artiglieria che hanno preso di mira anche i quartieri residenziali della città. È poi di almeno 5 morti il primo bilancio dei violenti combattimenti scoppiati ieri a Bengasi tra le forze dell’ex generale Khalifa Haftar e le milizie islamiste radicali.

Come se non bastasse, la controversa autorità del parlamento di Tobruk è stata messa di nuovo in discussione. Tre città dell’ovest della Libia, Nalut e Kabaw, nel Jebel Nafusa a sud di Tripoli, e Tarhouna a sud-est della capitale, hanno definito il parlamento libico di Tobruk, a maggioranza laica, come «illegittimo» e annunciato il proprio sostegno all’«Operazione Alba». Questa è la denominazione scelta dal variegato numero di milizie jihadiste, presenti in Libia, in opposizione all’«Operazione dignità», lanciata da Haftar. I Fratelli musulmani libici avevano già definito incostituzionale l’insediamento della nuova Camera. I deputati, eletti con scarsissima partecipazione al voto, non hanno potuto giurare negli edifici del parlamento a Tripoli. Dal canto suo, la Lega araba si è detta «preoccupata» per il deterioramento della situazione «a causa dei combattimenti tra milizie rivali». L’organizzazione pan-araba ha chiesto lo scioglimento delle bande armate e si è detta contraria a «ogni intervento straniero».

E così, si terrà il 25 agosto al Cairo il vertice dei paesi confinanti della Libia. I dettagli dell’agenda sono stati discussi tra l’inviato della Lega araba per la Libia, Zohdi al-Kodwa, e il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukri. Infine, con l’aggravarsi della crisi, è sempre più improbabile la riapertura dei terminal petroliferi. Negli ultimi giorni, il portavoce della società petrolifera libica (Noc) ha annunciato il tentativo di riattivare l’esportazione di petrolio dai terminal di Es Sider e Ras Lanuf. Eppure, proprio il tentativo di trovare un accordo con i separatisti della Cirenaica per la riattivazione delle esportazioni di petrolio aveva innescato la crisi che ha determinato le prime dimissioni del premier in pectore, l’ex ministro della Difesa Abdullah al-Thinni.