Di fronte alle nuove aggressive sanzioni della Casa Bianca, il presidente venezuelano Nicolás Maduro mostra i muscoli e ordina imponenti esercizi militari per fronteggiare le «minacce imperiali».

Il capo del Comando strategico operativo delle Forze armate venezuelane, Remigio Ceballos, ha informato ieri che «più di 900mila combattenti» parteciperanno alle manovre «Esercizio di sovranità bolivariana 2017».

Venerdì, Donald Trump ha firmato nuovi ordini esecutivi che prevedono sanzioni economiche contro la «dittatura» stabilitasi in Venezuela e che per la prima volta colpiscono anche la compagnia statale petrolifera, Pdvsa il polmone economico del paese.

Tra le misure previste dal presidente americano vi è infatti la proibizione di operare «un nuovo debito emesso dal governo del Venezuela e dalla sua compagnia petrolifera statale». Gli ordini esecutivi proibiscono anche di «negoziare alcuni buoni emessi dal settore pubblico venezuelano, come pure di pagare dividendi al governo del Venezuela».

Bontà sua, la Casa bianca ha scartato l’ipotesi – ventilata la settimana scorsa da Trump – di attuare azioni militari contro il Venezuela «in un prossimo futuro».

Dura è stata la risposta di Nicolás Maduro: «Le misure che il presidente Trump ha preteso prendere contro il popolo venezuelano violano apertamente e la legalità internazionale la carta delle Nazioni unite e apertamente ratificano la scelta imperiale di aggredire il Venezuela».

«E’ la peggiore aggressione al Venezuela negli ultimi 200 anni – ha commentato il ministro degli Esteri, Jorge Arreaza. – Forse gli Usa vogliono promuovere una crisi umanitaria nel nostro paese? Vogliono farci morire di fame?».

«Sanzioni e ancora sanzioni. I centri imperiali vogliono attaccarci nell’economia perché credono che asfissiando la nostra economia il popolo venezuelano si arrenderà», ha affermato la presidente dell’Assemblea costituente venezuelana, Delcy Rodríguez.

Il colpo ricevuto dalla Casa bianca, una vera e propria dichiarazione di guerra economica, è dunque durissimo. Preparandosi al peggio, giovedì scorso Maduro aveva deciso di rafforzare il controllo sull’industria petrolifera nominando Nelson Martínez nuovo presidente della strategica compagnia statale Pdvsa e Eulogio Del Pino ministro del Petrolio.

Il presidente aveva rivolto anche una pressante richiesta al vertice militare per serrare le fila in difesa della democrazia bolivariana, affermando che di fronte alla gravità degli atteggiamenti aggressivi di Trump i militari dovevano schierarsi «o con l’imperialismo o con noi». E avvertendo: «Chiunque abbia dubbi è meglio che lasci il suo posto».

A Forte Tiuna – la principale base militare venezuelana a Caracas – si sono riuniti ieri centinaia di militari per iniziare le manovre militari annunciate dal presidente. Erano presente anche alcuni ufficiali russi e cinesi consiglieri dei due paesi che sono i maggiori fornitori di sistemi d’arma.

Nonostante le Forze armate contino circa 350mila effettivi, l’ammiraglio Ceballos ha affermato che alle manovre parteciperanno «più di 900mila combattenti», visto che alla Difesa della sovranità bolivariana concorreranno anche circa 700mila tra miliziani, riservisti e civili.

L’aggravarsi della crisi tra Stati Uniti e Venezuela preoccupa il vertice politico di Cuba. Negli ultimi due anni, a causa di questa crisi, il commercio estero dell’isola con Caracas ha subito una contrazione di quasi il 70% e le forniture di greggio venezuelano sono diminuite di circa il 45%.

Non solo, sempre più apertamente a Washington si sostiene che per mettere veramente fuori gioco Maduro è necessario colpire «la fonte ideologica e politica» del potere bolivariano. Ovvero «il castrismo».

«Rifiutiamo le azioni ingiuste unilaterali arbitrarie e in violazione del diritto internazionale che continuano a essere applicate contro il governo costituzionale guidato dal presidente Maduro», informava ieri una dichiarazione del viceministro degli Esteri cubano, Abelardo Moreno.

Il quale si è chiesto se l’affermazione della Casa bianca che «in un futuro prossimo non si prevedono azioni militari» contro il Venezuela «significa forse che dobbiamo pensare che tali azioni verranno attuate più avanti nel tempo?».

Secondo un economista del Centro studi economici dell’Avana, l’effetto delle sanzioni previste da Trump, seppur limitato nell’immediato perché non dovrebbe riguardare il debito già emesso dal Venezuela o dalla compagnia Pdvsa, mette in serio pericolo la possibilità di operare alcun bond venezuelano nel futuro.

«Non sarà affatto semplice (per Caracas) trovare compratori disposti ad accettare un debito che tra l’altro non sarà approvato dal Parlamento» venezuelano, controllato dagli oppositori.