Mai con Salvini. Mai nelle Marche, almeno. È stato accolto a colpi di uova marce e pomodori il leader della Lega Nord, di passaggio (per tre ore appena) tra Ancona e Macerata per la campagna elettorale, ennesimo happening mediatico a colpi di sparate razziste e provocazioni.

Ecco, l’ultima provocazione non è andata a finire bene per il segretario del Carroccio: dopo essere stato contestato in mattinata nel capoluogo, Salvini è arrivato intorno alle 14 e 45 all’Hotel House di Porto Recanati, un mostro di periferia da 17 piani per 480 appartamenti, un lascito dell’edilizia anonima degli anni del boom economico che ora ospita un paio di migliaia di persone, per il 90% con il passaporto extracomunitario. Va da sé che l’idea di Salvini al riguardo è di mandare le ruspe e demolirlo.

All’arrivo del leghista – felpa d’ordinanza con la scritta Marche in giallo canarino –, sotto allo stabile c’era una contromanifestazione promossa dal centrosinistra e dai sindacati, oltre a un centinaio di residenti dell’Hotel House, che l’hanno accolto tra le grida e i fischi. I manifestanti si sono rifiutati di aprire un varco e lasciar passare Salvini per fare il suo spot elettorale, ché fare propaganda sulla pelle dei migranti non sempre va bene a tutti.

La polizia, in assetto antisommossa, non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione: da queste parti Matteo il telegenico non è persona gradita. Lui ha così deciso di battere in ritirata, farfugliando qualcosa su un altro impegno, ovvero la raccolta delle firme a sostegno del candidato governatore Francesco Acquaroli, a Macerata. Soltanto dopo sarebbe arrivato il solito lamentoso post su Facebook, con canonica invocazione delle ruspe e tripudio di commenti che invocano il Quarto Reich: «Lavateli col fuoco».

In mattinata, Salvini si è beccato una bella contestazione anche ad Ancona, con lancio di ortaggi, fumogeni, cori e grida. Momenti di tensione con la polizia, che ha circondato i manifestanti mentre Salvini li fotografa con il suo ipad, ma nessun incidente. Anche in questo caso, come da consolidato copione, Salvini si è sfogato dopo su Facebook con una sempre più stanca invettiva contro le «zecche rosse», gli immigrati e la «democrazia dei comunisti» che, poverino, non vorrebbero farlo parlare: come se non ne avesse mai occasione. «Contestare Salvini significa rendere dignità a questo paese figlio della lotta partigiana. Significa praticare per le strade la nostra costituzione che respinge in ogni suo rivolo qualunque forma di fascismo e razzismo», dice Francesco Rubini, consigliere comunale ad Ancona e tra gli animatori del cantiere delle Altre Marche, che propone Edoardo Mentrasti alla presidenza della Regione. Ancora prima, a Fano, Salvini era arrivato a complimentarsi con un gruppo di ragazzi accorsi al suo comizio perché «tanto le lezioni dei professori rossi le sentite tutti i giorni».

Il tour elettorale è finito nel tardo pomeriggio, con un’altra contestazione a Macerata. Qui ad attendere Matteo il provocatore c’erano trecento ragazzi, la polizia li ha dispersi a colpi di cariche.