È bastata un’ora a Luigi Patronaggio per rendersi conto della situazione disastrosa sulla Open Arms e assumere una decisione che la politica non ha saputo prendere tirandola per le lunghe e facendo vivere in una condizione terribile i profughi rimasti per 19 lunghi giorni sul ponte della nave, ferma ad appena 800 metri dalla costa di Lampedusa.

UN CALVARIO che il capo della Procura di Agrigento ha spezzato dopo aver visto con i propri occhi il dramma dei profughi ormai allo stremo, tant’è che in 17 si sono gettati in mare cercando di raggiungere, nel mare agitato, la terraferma ma sono stati salvati dalla guardia costiera. A supportare il pm sono stati i due medici saliti con lui sullo scafo e che hanno verificato le condizioni fisiche e psicologiche dei migranti.

RIENTRATO DALLE FERIE, il pm ha preso subito in mano l’inchiesta, coordinata fino a quel momento dal sostituto Salvatore Vella. Si è subito precipitato a Lampedusa con un elicottero e uno staff medico al seguito. «La situazione è esplosiva, devo riportare la calma e fare in modo che nessuno si faccia male, l’impegno e l’attenzione sono massimi per l’incolumità delle persone», aveva detto il magistrato prima di prendere il volo per l’isola. Raggiunta l’imbarcazione della Ong con una motovedetta della guardia costiera, Patronaggio si è reso conto che gli appelli lanciati a più riprese dalla Open Arms non erano per niente campati in aria.

E così dopo un vertice di due ore nella Capitaneria di porto ha disposto il sequestro preventivo della Open Arms e l’evacuazione immediata dei profughi, avvenuta ieri sera. Smentendo, così, quanti in questi giorni hanno cercato di minimizzare lo stato di salute dei profughi. Sia dopo l’ispezione sia dopo il vertice, Patronaggio ha mantenuto un profilo basso, preferendo non parlare con la stampa per non alimentare polemiche.

Secondo quanto si è appreso, oltre all’inchiesta per sequestro di persona avviata nei giorni scorsi sulla base di esposti della ong spagnola, i magistrati hanno aperto un fascicolo a carico di ignoti per omissione e rifiuto di atti d’ufficio. Il reato, previsto dall’articolo 328 del codice penale, punisce «il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni». E così il sequestro è stato disposto «per evitare che il reato sia portato a ulteriori conseguenze».

I MAGISTRATI ora stanno ricostruendo la catena di comando per risalire a chi ha impedito lo sbarco dei profughi. Nei giorni scorsi agenti dello Sco hanno chiesto ufficialmente al Viminale la documentazione che serve alla Procura per comporre il puzzle. Ma il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non ci sta. E, allontanandosi dall’aula del senato, in un video su Fb, attacca ancora una volta: «Il sequestro impone lo sbarco degli immigrati: ricordo che non c’era allarme sanitario, c’erano finti malati e finti minorenni. Qualcuno si sta portando avanti già nel nome del governo dell’inciucio che vuole riaprire i porti. Finché campo è mio dovere difendere i confini e la sovranità del Paese». E ancora: «Molto probabilmente mi arriverà una denuncia dalla stessa Procura che mi indagò per sequestro di persona, reato che prevede 15 anni di carcere: stavolta il reato è omissione di atti d’ufficio. Io non mollo».

La svolta è arrivata un’ora dopo che dalla base di Rota, a Cadice, era partita la nave militare, inviata dal governo spagnolo di Sánchez, che in tre giorni di navigazione sarebbe arrivata a Lampedusa per recuperare i naufraghi e portarli a Maiorca. In capitaneria Patronaggio ha sentito il fondatore e il presidente di Open Arms, Oscar Camps e Riccardo Gatti, che all’uscita si sono precipitati sulla nave per dare la notizia. «Finisce un incubo», esultano dalla Open Arms.