I primi uomini cominciano a scendere dalla scaletta che li porta a terra poco dopo le quattro del pomeriggio. Sorridono, fanno il segno di vittoria con le dita, si sbracciano. Dopo 19 giorni passati in mezzo al mare aspettando che l’Europa si decidesse ad aprire finalmente le sue porte, ora non trattengono la soddisfazione. «C’est fini!» aveva annunciato in francese due ore prima a bordo della SeaWatch 3 Kim Heaton-Heather, il capomissione, scatenando l’entusiamo di tutti, migranti ed equipaggio. All’incirca le stesse scene che qualche miglio più a Sud si vedono anche sulla seconda nave carica di migranti, la Professor Albrecht Penk della ong Sea Eye.

Che una soluzione per le navi delle due ong tedesche si stesse avvicinando era nell’aria, ma l’annuncio ufficiale arriva in mattinata dal premier maltese Joseph Muscat al termine di una vertice con il premier libico Fayez al Serraj proprio sull’emergenza migranti. «Ormai è questione di ore» aveva detto riferendosi allo sbarco. «Alle navi Sea Watch 3 e Professor Albrecht Penk sarà chiesto di lasciare le nostre acque territoriali immediatamente dopo il trasferimento dei migranti»,spiega.

Poco dopo tre motovedette della marina maltese effettuano il trasbordo. Uomini, donne e bambini vengono fatti scendere lontano da La Valletta nel porto militare di Hay Wharf e trasferiti a bordo di piccoli van della polizia fino a Marsa, nel sud dell’isola, dove si trova il «Marsa Open Center», il centro di prima accoglienza dove vengono identificati. Il piano che ha permesso di sbloccare una situazione divenuta ormai insostenibile prevede la divisione dei migranti tra otto Paesi europei, tra quali figura anche l’Italia. Germania e Francia ne prenderanno 60 ciascuno, 20 andranno in Portogallo, 6 ciascuno in Olanda, Lussemburgo e Irlanda, 5 in Romania. In Italia dovrebbero arrivarne una ventina, almeno stando a quanto promesso dal premier Giuseppe Conte, anche se mancano conferme ufficiali. In tutto 234 migranti, numero che comprende anche coloro che sono arrivati sull’isola da dicembre e 44 cittadini del Bangladesh che verranno rimpatriati.

«Quello che è successo in questi giorni non rappresenta certo l’ora più bella dell’Europa» fa sapere da Bruxelles il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, uno al quale non si può certo rimproverare di non essersi dato da fare in questi giorni nella ricerca di una soluzione. Un’amarezza più che giustificata. Quello raggiunto ieri non è infatti un accordo dell’Unione europea, ma solo di alcuni Stati membri – come ricorda anche Muscat – che hanno deciso di farsi avanti. E’ quindi chiaro a tutti che le scene viste in questi giorni si ripeteranno uguali non appena la prossima nave carica di disperati apparirà all’orizzonte. «L’Unione europea non può continuare ad affidarsi a soluzioni disorganizzate, studiate ad hoc quando si tratta dello sbarco dei migranti», dice il commissario. «Servono degli accordi temporanei fino a quando non verrà adottato un nuovo regolamento di Dublino».

Se non proprio un’utopia almeno un sogno, viste le divisioni presenti in merito tra i 28, tali da aver reso impossibile negli ultimi anni rimettere mano alle norme che regolano il sistema di asilo europeo. L’irritazione di Avramopoulos è tale che forse per la prima volta se la prende direttamente con i capi di Stato e di governo: «Se volete una risposta chiara e schietta – dice – la responsabilità della mancata riforma di regolamento di Dublino non va cercata nella Commissione o nel parlamento, ma nel Consiglio europeo».

Basta vedere quanto accade a Roma per avere la prova delle difficoltà che attendono l’Unione europea, tanto più a cinque mesi dalle elezioni per il rinnovo del parlamento di Strasburgo. Con il ministro degli Interni Matteo Salvini, scavalcato dal premier Conte, che assicura che non farà mai arrivare nessun migrante. Ma questa è un’altra storia. Se infatti in Italia si litiga, a Malta si festeggia. Almeno per questa notte.