Un Renzi colpito sul vivo. Così è apparso il presidente del Consiglio in un’intervista Tv alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi. «Nella legge di stabilità ho sbagliato sulle partite Iva, ma ora la recuperiamo».

Quella sul lavoro autonomo è la prima, clamorosa, contraddizione che il rottamatore non è riuscito a nascondere approvando la riforma del regime fiscale agevolato per le partite Iva under 35. L’ammissione segue quella, fuori tempo massimo, avvenuta poche ore dopo l’approvazione definitiva della legge di stabilità. Ma né tempi, né le modalità, di questa retromarcia sono ancora noti. Quello che però è certo è che dal 1 gennaio le tasse per le nuove partite Iva sono triplicate e le aliquote dei contributi per gli autonomi e i parasubordinati iscritti alla gestione separata dell’Inps sono aumentate di tre punti.

Renzi guida il governo del secondo tempo. Prima fa, poi si accorge di aver combinato pasticci e infine annuncia correttivi. Lo abbiamo visto con la “manina” sulla delega fiscale. Ora è il caso dei freelance sotto i 35 anni ai quali questo governo 2.0 – che dice di essere attento all’innovazione o a Marta precaria e laureata a partita Iva di 28 anni – ha regalato una riforma del regime agevolato che dal 1 gennaio ha triplicato le tasse.

Una contraddizione politica, oltre che fiscale, di primo piano a tal punto che diverse componenti del governo (con il sottosegretario all’Economia, Zanetti di Scelta Civica) e della maggioranza (gli alfaniani di Ncd e Cesare Damiano del Pd) lo avevano ammonito per tempo. Renzi, e il ministro del lavoro Poletti, non hanno nemmeno bloccato l’aumento di tre punti (dal 27,72% al 30,72%) dell’aliquota previdenziale per gli iscritti alla gestione separata Inps. Per il segmento del quinto stato che lavora a partita Iva con la conoscenza, nell’economia digitale, in quella dei servizi o delle professioni, la legge di stabilità è un’ecatombe.

Ieri, su sollecitazione del Movimento Cinque Stelle che ha presentato un’interrogazione a risposta immediata alla Camera, Poletti ha ribadito le parole pronunciate da un confusionario Renzi poche ore dopo l’approvazione della riforma dei minimi nella legge di stabilità. Nei prossimi giorni, ha assicurato, Poletti convocherà «le associazioni che rappresentano le figure professionali interessate per analizzare la situazione e raccogliere le opinioni che ci consentano di superare i profili critici che sono emersi».

Una parafrasi per allungare i tempi di una soluzione che agli interessati (ad esempio Acta, Alta partecipazione e Confassociazioni con l’appello «Non siamo i bancomat dello Stato») è piuttosto chiara: riformare la gestione separata da cui gli autonomi intendono fuggire in massa, ritirare la riforma dei minimi e riformularla da capo. «La nuova fiscalità di vantaggio voluta dal governo e subito rinnegata da Renzi è una punizione durissima per i giovani che vogliono intraprendere un’attività ex novo» ha detto Tiziana Ciprini, prima firmataria dell’interrogazione dei Cinque Stelle.

Poletti ha risposto sul fallimento del programma «Garanzia Giovani» (costo 1,5 miliardi di euro). «Non accettiamo che si dica la montagna ha partorito un topolino» ha detto. E ha ammesso che il governo «non è pienamente soddisfatto» dei numeri del programma che avrebbe dovuto dare una spallata alla disoccupazione giovanile in crescita e fuori controllo. E ha assicurato che sta per partire una «fase due», non preventivata all’inizio, ma che ora sembra necessaria per «migliorare le performance del progetto». Le opportunità di lavoro di «garanzia giovani» sono state 27.579, per un totale di posti disponibili pari a 39.313. Di queste solo 2.519 sono attive. I giovani registrati sono il 21,2% di un «bacino potenziale» costituito da 1 milione e 723 mila «Neet».