Il commissario per la ricostruzione resta un ologramma. I tempi per la demolizione e realizzazione di un nuovo viadotto sul Polcevera si profilano sempre più lunghi. Autostrade sveste i panni di Pantalone e congela la possibile seconda tranche di aiuti per gli sfollati.

Sullo sfondo? Schermaglie tra partiti da campagna elettorale permanente e le strade di Genova, dove un tir che si incastra contro un guard-rail, come è accaduto ieri sera, può essere fatale per il traffico. Ecco perché il tema della manifestazione che andrà in scena lunedì prossimo è proprio «La pazienza è finita». A dirlo sono i cittadini e i commercianti della Valpolcevera, la periferia a nord di ponte Morandi. Una città oltre la città i cui problemi, fino a ieri, erano l’impatto dei cantieri del terzo valico, la convivenza con industrie chimiche come la Iplom o il degrado degli edifici popolari, ma che dal 14 agosto si è trovata alla deriva. L’8 ottobre, per la prima volta dal crollo, a Genova ci sarà una protesta di piazza che partirà proprio dalla stazione della metropolitana di Brin, unica porta tra il centro e la vallata, e arriverà sotto i palazzi di Regione e prefettura. Il malumore che ha portato all’iniziativa è montato in settimane d’inferno in cui i negozi hanno iniziato a perdere clienti, le aziende hanno realizzato che non ci saranno risarcimenti o sgravi per tutti, i lavoratori e gli studenti hanno dovuto abituarsi a puntare la sveglia alle 5 del mattino per arrivare in orario in ufficio e a scuola. Eppure, della Valpolcevera, poco si parla. «A oltre un mese dal disastro – dicono gli organizzatori – ci si è dimenticati di come tra noi e Genova ci sia un muro».

Da oggi il muro sarà un po’ più basso perché due delle tre linee ferroviarie che collegano la zona a nord da quella a sud del ponte saranno riattivate. Ma non basta. «Chiediamo di riaprire le strade, di calmierare i costi del carburante che sono saliti in ogni distributore, di potenziare i servizi sanitari», spiegano i cittadini della Valpolcevera. Con loro, lunedì, ci saranno anche alcuni degli sfollati di via Porro e via Campasso. Anche se, hanno fatto capire, avrebbero preferito che le proteste fossero indirizzate più a Roma e che non alle istituzioni locali che, dal loro punto di vista, stanno facendo il possibile. Franco Ravera, il presidente del comitato degli sfollati, preferisce tenere un profilo basso. «Forse non è chiaro – racconta – ma tra la popolazione della Valpolcevera c’è chi pensa che paradossalmente la nostra posizione sia privilegiata, perché Comune e Regione si occupano di noi». E magari perché avranno una casa nuova, libri gratis per i figli, abbonamenti per lo smartphone a prezzi agevolati. Macché. Nelle ultime ore, dopo un incontro con il sindaco, hanno incassato la sgradita conferma che Autostrade ha congelato la seconda tranche di contributi a fondo perduto per le 258 famiglie. La trattativa era stata avviata nelle scorse settimane dopo che ogni nucleo aveva già ricevuto da Aspi circa 10 mila euro. «Quei soldi sembravano tanti ma non bastano – spiega Luca Fava, del comitato – pareva quindi potessero valutare nuovi versamenti, caso per caso, poi ci hanno detto che li avrebbero decurtati dagli indennizzi per le abitazioni, ma dopo il decreto Genova hanno deciso di chiudere i rubinetti». Il fatto che il provvedimento escluda Autostrade dalla ricostruzione ha modificato l’atteggiamento della società concessionaria. «Il nostro timore – continua Fava – è che siano a rischio gli stessi indennizzi».

Come Autostrade si muoverà, nei prossimi giorni, è “il tema”. Non è un segreto per nessuno che il decreto urgenze potrebbe essere impugnato in ricorsi, su più fronti. Così come ricorsi potrebbero piovere sul nome del commissario straordinario se fosse il manager di Fincantieri Claudio Gemme (il suo nome è tornato d’attualità, anche se la madre ha una casa di proprietà in zona rossa). Per questo, a Genova, né Bucci né Toti ieri hanno manifestato insofferenza per una nomina che probabilmente, come ha suggerito lo stesso ministro Toninelli, arriverà sullo scadere del tempo previsto per legge. Nomina che potrebbe essere neutralizzata dai tribunali, insieme a tutto il decreto.