Nella tarda serata di lunedì Donald Trump ha sollevato Sally D. Yates dal proprio incarico di ministro della Giustizia ad interim, dicendo che l’ha tradito ordinando agli avvocati del suo dicastero di rifiutarsi «di difendere i confini con l’ordine esecutivo per i cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana», mettendoli al bando. In pratica, difendendo la costituzione.

«La mia responsabilità è quella di assicurare che le posizioni che assumiamo in tribunale rimangano coerenti con il solenne obbligo di questa istituzione di perseguire sempre la giustizia e stare dalla parte del giusto – aveva dichiarato Yates – Ma al momento non sono convinta che la difesa dell’ordine esecutivo sia conforme a queste responsabilità e neppure che sia legale».

Al suo posto è stato messo Dana J. Boente, che ha subito annullato la direttiva di Yates di non attenersi alla mossa di Trump.

Il nuovo attorney general Boente resterà in carica solo pochi giorni ma ha promesso di difendere il decreto “Muslim Ban” di Trump. «Sulla base delle analisi dell’Ufficio di consulenza legale che ha giudicato il decreto legittimo tanto nella forma che nel contenuto – ha dichiarato formalmente Boente – cancello le direttive dell’ex procuratore generale ad interim Sally Q. Yates».

La nomina di Bonte, anche se per un ministero ad interim, aumenta la pressione sui senatori per confermare o bloccare il senatore Jeff Sessions come procuratore generale definitivo di questa amministrazione. Sessions, già sospettato di razzismo, è inviso ai democratici che hanno annunciato di voler bloccare la sua nomina proprio per le sue posizioni in fatto di immigrazione.

Il licenziamento in tronco di Yates è arrivato mentre al Dipartimento di Stato avveniva una rivolta di oltre cento funzionari, che hanno firmato un dissent cable (forma di critica interna considerata una delle istituzioni chiave per il dibattito nella diplomazia), dove sostenevano che il recente decreto sull’immigrazione non renderebbe la nazione più sicura.

La risposta a questa petizione diplomatica è arrivata, brutale, tramite il portavoce di Trump, Sean Spicer: «Se questi burocrati non intendono adeguarsi, faranno meglio ad andarsene», ha detto definendo «burocrati» dei funzionari della diplomazia con alle spalle carriere di anni.

Spicer durante la conferenza stampa si era già esposto rispondendo alla domanda di una giornalista che lo interrogava su quale pericolo per la sicurezza nazionale potesse rappresentare il bambino di 5 anni di origine iraniana trattenuto per 6 ore da solo all’aeroporto di Washington.

«Sarebbe fuorviante e sbagliato pensare che solo per l’età o per il genere, questi soggetti non debbano rappresentare una minaccia», ha dichiarato il portavoce ai giornalisti allibiti.

È questa arroganza anempatica a caratterizzare questa amministrazione. Trump stesso ha minimizzato, dichiarando che «il disturbo causato a poche persone ben vale le nuove misure di sicurezza» e che i disagi sono stati in realtà causati proprio dalle proteste e da alcuni problemi ai computer della Delta Airlines.

Non sono d’accordo le grandi aziende: dall’hi-tech a Coca-Cola, dalla Ford a Goldman Sachs fino a Starbucks, che ha annunciato che assumerà 10mila rifugiati e che le prime assunzioni verranno fatte proprio in suolo americano, attirandosi per la prima volta un tweet di sostegno anche da parte di Occupy Wall Street.

L’attenzione ora è spostata sull’elezione del nuovo giudice della Corte suprema, i democratici hanno promesso battaglia e ostruzionismo mentre Trump dal canto suo ha chiesto ai repubblicani di attivare la cosiddetta nuclear option, bloccare l’ostruzionismo votando con una maggioranza semplice e non con i 60 voti che sono tradizionalmente richiesti dal Senato in caso di opposizione con ostruzionismo.

Sarebbe la prima volta che si applica la nuclear option per un atto delicato come la nomina di un giudice della Corte, che può determinare la strada dell’America per una generazione. L’opzione è richiesta da Ted Cruz che ha detto in un’intervista che non importa quello che i democratici vogliono, il GOP non dovrebbe rifuggire dal cambiare la soglia del voto contro l’ostruzionismo, in caso di necessità.

Ma l’opposizione a Trump non è solo al Senato, istituzionale, nelle strade, negli aeroporti dove ci sono ormai presidi permanenti di avvocati per i diritti civili, ma ancora una volta in rete. Anonymous aveva già pubblicato un tweet diretto a Trump: «Questi non sono più gli anni ’80, le informazioni non scompaiono, è tutto là fuori. Rimpiangerai i prossimi 4 anni».

Tra lunedì e martedì ha quindi invitato prima a boicottare, disinvestire ed emettere sanzioni (BDS) contro gli Stati Uniti per abbattere l’amministrazione Trump. Poi ha pubblicato una guida su Twitter, spiegando come hackerare lo smartphone Android del presidente. La guida afferma che il Samsung Galaxy S3 usato da Trump, su cui gira un sistema non aggiornato, lo rende facilmente vulnerabile.

Si tratta di un bug all’utilizzo della libreria Stagefright che si occupa della gestione degli elementi multimediali, per cui da remoto si può inviare un Mms malevolo, opportunamente confezionato, e provocare l’esecuzione di un codice che porta all’acquisizione dei diritti di root.