A parte l’esclusione dal mondiale del ’58, ospitato dalla Svezia, c’è di mezzo il paese scandinavo sul cammino della nazionale italiana di calcio anche nel campionato del mondo (Coppa Rimet fino al 1970) targato Brasile-’50: gli azzurri vennero estromessi, dopo un 3 a 2 subito dagli svedesi, al primo turno di quell’edizione.

Diciamo subito che a differenza della pochezza tecnica palesata da questa nazionale qualificata a Russia 2018, quella del dopoguerra era di ben altra caratura.

Anzi, si può tranquillamente affermare che la Svezia degli anni ’50 è stata la più forte compagine di tutta la sua storia calcistica: al sorgere del decennio si consacrò al mondiale come terza forza dopo Uruguay e Brasile, mentre al volgere dei ’50 disputò la finalissima al cospetto del trio Didì-Vavà-Pelè, ossia del miglior Brasile di sempre. Ma chi erano i giocatori di quel periodo fantastico del calcio svedese, quali squadre di club li avevano forgiati, da dove provenivano insomma?

I giocatori più talentosi del paese scandinavo stavano qui da noi, se n’erano venuti in Italia facendo le fortune loro e dei club nei quali militavano. La colonia più nutrita di giocatori stranieri presente sul suolo italiano era costituita da svedesi. E tutti di primissima fascia. Già nel 1949 giocava nel Milan Gunnar Nordahl, il centravanti di sfondamento che con i connazionali Gunnar Gren e Nils Liedholm componeva il mitico Gre-No-Li, un acronimo che fece scuola e la storia di quegli anni. Fu soprattutto grazie a loro che i rossoneri del Milan tornarono a vincere uno scudetto dopo un’astinenza durata oltre quarant’anni e continuarono a imporsi per l’intero decennio.

Ma a Milano, sponda nerazzurra dell’Inter, giocava anche capitan Lennart Skoglund, rapida ala sinistra alla quale fu assegnato il primo posto nelle classifiche per ruolo del mondiale del ’58. A Skoglund, nell’Inter, veniva affiancato il connazionale Bengt Lindskog, schierato da centrocampista.

Nel Napoli del presidente Lauro il campionissimo della squadra aveva il nome di Hasse Jeppson, centravanti, acquistato nel 1952 per la cifra record di 105 milioni di lire. Solo un personaggio populista e carismatico come Achille Lauro avrebbe potuto sborsare all’epoca una simile somma. Jeppson, due anni prima, era stato l’artefice con una doppietta in quel 3-2 sopraccennato dell’eliminazione degli azzurri a Brasile ’50. A fine carriera decise di restare in Italia.

Anche Liedholm fece quella scelta e, ormai italianizzati, conclusero la loro vita nel nostro paese. Nella Fiorentina giocava Kurt Hamrin. Con la caterva di gol segnati ogni anno dall’ala destra, la squadra viola prolungò nel secondo lustro dei ’50 i piazzamenti d’onore in classifica. Indubbio attaccante di spessore era Arne Selmosson che vestì le casacche di Udinese, Lazio e Roma.

Nella finale del mondiale contro il Brasile, che la nazionale di re Gustavo disputava in casa, figuravano ben cinque svedesi ormai latinizzati e cioè Liedholm, Skoglund, Hamrin, Gren e Gustavsson, quest’ultimo tesserato con l’Atalanta nel ruolo di terzino.

Altri giocatori se ne scesero in Italia verso la fine del decennio che schiudeva al boom economico. Ma non era soltanto il calcio a esserne attirato. Arrivarono attrici (prima fra tutte “Anitona” Ekberg) e le tante turiste bionde che d’estate invadevano le spiagge della riviera romagnola per la gioia dell’incorreggibile gallismo italico.