Lo straordinario risultato elettorale in Turchia rappresenta un’occasione storica. Malgrado la repressione dei movimenti sociali ed ambientalisti, l’eliminazione di scomodi giornalisti, una strategia della tensione- fatta di bombe messe nelle piazze e di terrore mediatico- malgrado tutto ciò il partito curdo è riuscito ad entrare, per la prima volta, nel parlamento turco (con oltre il 13%) e il partito di Erdogan ha perso quasi il 10% dei voti.

Doveva essere un plebiscito per l’Akp- il partito della Giustizia e del Progresso- che da tredici anni detiene il potere in questo grande paese, doveva essere un momento di gloria per Erdogan che puntava alla maggioranza assoluta dei seggi parlamentari per cambiare la Costituzione ed imprimere una svolta autoritaria definitiva all’interno di un processo di islamizzazione del più antico Stato laico del mondo musulmano. Ed invece il popolo turco e curdo, soprattutto le fasce giovanili, hanno voltato le spalle, sia pure parzialmente, al presidente con forti aspirazioni autoritarie, contribuendo a salvare una immagine democratica del paese che conta oltre settantacinque milioni di abitanti , un tasso di crescita economica triplo di quello della Ue negli ultimi dieci anni, e, soprattutto, un ruolo fondamentale nel rapporto tra mondo cristiano ed islamico, tra oriente ed occidente.

Turchia ed Ue hanno instaurato delle relazioni particolari dal 1963 quando la Comunità Economica Europea (Cee) firmò il Trattato di associazione con lo stato turco chiamato “Accordo di Ankara”, seguito dal protocollo addizionale del 1970. Poi tutto è stato congelato. Con la caduta del muro di Berlino e l’unificazione delle due Germanie, lo sguardo e le strategie di Bruxelles hanno virato verso l’est europeo, abbandonando il sud ed i paesi che si affacciano nel bacino del Mediterraneo. In particolare, nel 2005 si è giunti in un vicolo cieco: si rimandano sine die i negoziati per la piena adesione della Turchia al consesso europeo.

Questo diniego di Bruxelles ha spinto il governo turco verso posizioni religiose più radicali e allontanato la prospettiva culturale che da oltre un secolo proietta la Turchia verso l’Europa. Un errore politico gravissimo, che ha trovato varie giustificazioni (dal mancato rispetto dei diritti del popolo curdo al non riconoscimento del genocidio degli Armeni compiuto durante la prima guerra mondiale), ma che non ci porta da nessuna parte. Certo che il negare il genocidio del popolo armeno, come ha fatto il presidente Erdogan non è accettabile, così come finché non si risolve la «questione cipriota» non è facile convincere due partner della Ue come Grecia e Cipro all’ingresso della Turchia nella Ue. Eppure, non c’è altra strada che quella dell’inclusione, la sola che possa farci uscire da una situazione di stallo diventata insostenibile.

L’Unione europea ha bisogno di includere la Turchia per dare una svolta al suo rapporto col mondo islamico,per costruire una Europa multiculturale, per offrire ai giovani ed alle donne che lottano coraggiosamente da anni per i diritti fondamentali della persona e la tutela dell’ambiente (vedi il caso emblematico delle lotte a Piazza Taksim per difendere il Gezy Park) di avere un punto di riferimento forte su cui contare.

D’altra parte, la Turchia ha ancor più bisogno dell’Ue per sostenere il suo modello di sviluppo (il 44% dell’export va verso i paesi Ue ed è in crescita), al riparo dalla concorrenza cinese che ne ha eroso gli spazi di mercato nel Medio Oriente, nei Balcani e nel Nord-Africa. Ma, soprattutto ne hanno bisogno quella massa di giovani (il 73% della popolazione ha meno di 35 anni!) che senza rinunciare alle loro tradizioni ed identità vogliono vivere liberi dai diktat imposti dalle teocrazie e da tutte le forme di dittatura più o meno illuminate.

Sono questi giovani i soggetti sociali con cui costruire la strada che porta l’Unione europea ad aprirsi ai popoli del Mediterraneo, a ritornare alle proprie radici culturali che in questo bacino hanno il fondamento. Rilanciare l’Unione europea facendo entrare questo grande paese, la cui storia si è sempre intrecciata con la nostra, è oggi un obiettivo irrinunciabile.