Prima del terremoto giudiziario, a Trapani già li davano al ballottaggio i due ex amici che hanno imperato nel Pdl di Silvio Berlusconi, ora acerrimi rivali: il senatore di Forza Italia Tonino D’Alì e il deputato regionale ed ex sindaco Girolamo Fazio. Ma le inchieste della Dda e della Procura di Palermo piombate sui due politici hanno riaperto i giochi, anche se continuano a essere in tanti a pronosticare un testa a testa tra D’Alì e Fazio, nonostante le indagini dei magistrati. Questione di curricula e di consensi.

Su entrambi, che dopo lo shock iniziale hanno continuato a fare campagna elettorale, si addensano le ombre delle due inchieste. Per D’Alì la Dda ha chiesto l’obbligo di soggiorno. I pm, che ne chiesero la condanna a 7 anni e 4 mesi per concorso in associazione mafiosa, ritengono D’Alì «socialmente pericoloso». La richiesta sarà esaminata, a luglio, dal tribunale di Trapani. La vicenda riguarda le due assoluzioni, in primo grado e in appello, stabilite dal gup e poi dalla corte, con due sentenze che, però, fanno un distinguo importante. Per i giudici lo spartiacque è il 1994. In entrambe i verdetti, dopo quella data, i rapporti tra Cosa nostra e l’allora senatore del Pdl Antonio D’Alì, non sono provati. Per gli anni precedenti, invece, le accuse sono fondate ma sono cadute in prescrizione.

Sentenze che ricordano molto quella della corte d’appello a carico dell’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Il verdetto, passato in giudicato per la parte relativa alla prescrizione, è stato impugnato, dal pg, per l’assoluzione, davanti alla Corte di Cassazione che ancora non ha fissato il processo. La motivazione della sentenza d’appello è stata depositata un mese fa. Mese servito ai pm per valutare se proporre la misura di prevenzione personale, anche alla luce della valutazione positiva di alcune testimonianze accusatorie, e al tribunale per la notifica della proposta.

Fazio invece è stato arrestato e in questo momento si trova in libertà anche se la Procura ha fatto ricorso contro la revoca dei domiciliari. I magistrati gli contestano la corruzione nell’inchiesta che ha portato in carcere l’armatore della Liberty lines, e co-proprietario della ex Siremar, Ettore Morace. Indagine che ha coinvolto pure la deputata di Ap, Simona Vicari, che si è dimessa dopo avere ricevuto l’avviso di garanzia per corruzione

Il clima in città è davvero surreale. Gli elettori sono storditi e indecisi. Trapani si potrebbe svegliare, il giorno dopo la chiusura delle urne, con un sindaco indagato eletto a primo turno oppure con due candidati sott’inchiesta a contendersi la poltrona al ballottaggio. Alle spalle dei due si muovono le corazzate acchiappavoti, mentre Piero Savona, sostenuto dal Pd, viene dato con un certo distacco anche perché un pezzo del partito sottobanco in realtà starebbe facendo proseliti in favore di D’Alì, sostenuto anche dai socialisti. Qualche chance potrebbe avere, in questo quadro fosco, Marcello Maltese, candidato dei 5stelle. Roberto Fico e Maurizio Santangelo sono stati a Trapani qualche giorno fa per invitare gli elettori «a votare una persona per bene».

Oggi tocca a Beppe Grillo in persona. Il leader M5S sarà a Trapani nel tardo pomeriggio per cercare di attrarre il voto degli indecisi e di chi è stato turbato dalla doppia inchiesta dei magistrati.