Mentre si continua a guardare alla Crimea, dove pare ormai in corso una guerra più di nervi, che militare, si è sottovalutato, o almeno l’ha fatto Kiev, l’entità della protesta a Donetsk e Karkhiv e in generale nell’area orientale del pase, quella russofona, a seguito dell’arresto del leader dei filorussi dell’area, effettuato un paio di giorni fa dai servizi segreti ucraini.

Insieme a Pavel Gubarev, 30 anni, almeno altre 70 persone sarebbero finite agli arresti. Gubarev, che si era autoproclamato governatore di Donetsk, si era posto a capo delle prime proteste filo Mosca e contro il neo governo di Kiev, che avevano finito per conquistare il palazzo del governo. I manifestanti pro Kiev avevano reagito, grazie alla collaborazione dei temibili ultras della locale squadra di calcio, lo Shaktar, che sull’esempio di Majdan, hanno costituito la parte più armata e organizzata delle iniziative filo Kiev. A seguito di questi scontri Gubarev era stato accusato di essere un fantoccio nella mani di Mosca. Quando poi era cominciata a girare la voce secondo la quale sarebbe stato in contatto con i leader secessionisti della Crimea, il Sbu, il servizio segreto ucraino è passato all’azione, arrestandolo con l’accusa di separatismo. E ieri sia a Donetsk, sia a Karkhiv migliaia di persone sono tornate per le strade, per protestare contro il nuovo governo formatosi a Kiev, che nel frattempo ha incassato l’ok per una più stretta adesione all’Unione europea anche dal leader di Settore Destro, che ha già annunciato la sua partecipazione alle elezioni presidenziali del 25 maggio.

Sul fronte della Crimea si registra un nuovo tentativo, fallito, degli osservatori per la sicurezza europea, di recarsi nella penisola. Per l’ennesima volta hanno rinunciato. Questa volta a far desistere gli osservatori dell’Osce, sarebbero stati degli spari: colpi d’arma da fuoco sarebbero stati sparati come avvertimento contro gli osservatori militari dell’Osce, mentre si trovavano ad un checkpoint in attesa di entrare in Crimea.

Analogamente da Kiev, nella serata di ieri, sono arrivate altre notizie circa la situazione in Crimea, confermando l’estrema difficoltà a raccogliere informazioni credibili nell’area. Quello cui si assiste sembra infatti un costante «allarme», poi smentito. Di sicuro i russi non stanno a guardare. Un aereo di ricognizione ucraino, con a bordo tre persone, sarebbe stato preso di mira da alcuni colpi di arma da fuoco mentre sorvolava il confine della Crimea. Lo hanno riferito le guardie ucraine poste alla frontiera citate dai media internazionali. Poco dopo però l’Ansa, ha specificato che fonti qualificate della flotta russa avrebbero smentito l’episodio: «Si tratta dell’ennesima provocazione, un incidente simile avrebbe fatto scattare il nostro stato d’allerta. È l’ennesima provocazione di Kiev».

Provocazioni, falsi allarmi, notizie non verificate lanciate da agenzie ucraine: quello che appare certo è il rischio che un incidente, anche minimo, possa aggravare in modo finale la situazione, benché alla Russia convenga attendere, ormai, il referendum del 16 marzo. E ieri è intervenuto anche Obama che ha sentito in conference-call i presidenti di Lituania, Lettonia e dell’Estonia: tutti i leader, continua la nota della Casa Bianca, hanno concordato sulla «necessità che la Russia ritiri le sue forze militari, e concordi al più presto la formazione di un gruppo di contatto che possa portare ad un dialogo diretto tra Ucraina e Russia». Obama ha anche salutato la «posizione unitaria Usa-Ue sulla crisi ucraina».

Ha provato a «normalizzare» la situazione il ministro degli esteri russo Lavrov, ribadendo che la Russia «non ha creato questa crisi» e che il dialogo con gli altri Paesi a riguardo deve essere «onesto e da partner». Riguardo poi alle ragioni all’origine della crisi, il capo della diplomazia russa ha detto che è stata «creata artificialmente per pure ragioni geopolitiche». Lavrov ha poi confermato che Mosca ha avuto contatti con il governo ad interim ucraino, ma ha lamentato il fatto che Kiev è tenuta in ostaggio dalla destra estremista. Il governo ad interim «non è indipendente perchè dipende in gran parte dai nazionalisti estremisti che hanno preso il potere con la forza delle armi», ha detto, chiedendo ai membri dell’Osce un’indagine su chi abbia sparato durante i giorni della battaglia di Kiev. Come emerso dalla telefonata tra Ashton e il ministro estone Paet, e da testimonianze di come i poliziotti uccisi, siano stati ritrovati trucidati da colpi di arma da fuoco, non tutto quanto è accaduto a Kiev, pare essere chiaro, anzi.