Stop a «polemiche scomposte» e alla «rincorsa a illusori vantaggi di parte, a fronte di un nemico insidioso che può travolgere tutti. Una partita come questa si vince solo insieme e nessuno può pretendere di avere ragione da solo». Nel giorno in cui le regioni con una dura lettera chiedono al governo di rivedere i parametri con cui vengono decise le chiusure (secco il no del ministro Speranza), il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lancia un altro appello, con toni solenni e drammatici, alla cooperazione tra le parti della società italiana, comprese le istituzioni.

«La libertà rischia di indebolirsi quando si abbassa il grado di coesione. È questa la prima responsabilità delle istituzioni democratiche, a tutti i livelli, e questa è la lezione che la pandemia ribadisce con durezza», ha detto Mattarella parlando all’assemblea dell’Anci. «Desidero rivolgere – questa volta attraverso i sindaci – un nuovo appello ai nostri concittadini affinché ci si renda conto, tutti, della gravità del pericolo del contagio che sta investendo l’intera umanità».

IL CAPO DELLO STATO ha citato le «incomprensioni che «talvolta hanno reso ruvide le relazioni tra i diversi livelli di governo». «Il principio di leale collaborazione istituzionale resta la direttrice su cui ricostruire costantemente le linee efficaci per superare la crisi in atto, rifuggendo dalla tentazione di lasciare ad altri le responsabilità delle decisioni più difficili». Mattarella non parla solo alle istituzioni. «Il virus tende a dividerci: tra fasce d’età più o meno esposte ai rischi più gravi, tra categorie sociali più o meno colpite dalle conseguenze economiche». Una spirale perversa di divisione- fondata anche sul pensiero ingannevole «a me non succederà»- che rischia di minare la tenuta sociale e lo stesso sistema democratico. Di qui la richiesta a tutti i cittadini di una «assunzione di responsabilità».

LE REGIONI IERI MATTINA si sono riunite e hanno convidiso la richiesta di un «tagliando» (copyright Luca ZAia) dei 21 parametri finora usati per decidere i colori della varie aree, definiti nella lettera dei governatori «non adeguati alla valutazione degli scenari» di rischio e «poco congrui». Sintetizza Giovanni Toti, che ieri ha guidato la riunione visto che il presidente Stefano Bonaccini è ancora in malattia: «Criteri più trasparenti, semplici e aggiornati alla realtà delle singole regioni. Un serio confronto politico sulle misure da prendere in ogni territorio, che tengano conto della situazione economico-sociale». «È improponibile pensare di governare dovendo aspettare la decisione dell’oracolo del venerdì», attacca il presidente del Friuli Massimiliano Fedriga, della Lega. «Dialogo non vuol dire che il governo ci comunica le decisioni che ha preso».

I governatori-che hanno chiesto un incontro urgente ai ministri Speranza e Boccia- chiedono di utilizzare 5 indicatori al posto degli attuali 21. Nel dettaglio i 5 sono: la percentuale di tamponi positivi (escludendo i nuovi test sugli stessi soggetti); un Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata Iss; il tasso di occupazione dei posti letto di terapia Intensiva e dei posti letto totali per pazienti Covid; numero, tipologia di figure professionali e tempo dedicati in ciascun servizio territoriale al contact tracing. Altra richiesta: un caso di Covid deve essere confermato anche solo dopo un test rapido, senza aspettare il tampone molecolare.

SECCA LA REPLICA DEL MINISTRO della salute Speranza: «Il dialogo con le regioni è sempre aperto. I 21 parametri indicano l’indice di rischio insieme all’Rt e determinano quali misure attuare».
Nessuna revisione, dunque. Boccia concorda. «Possibile discutere di ponderare in modo diverso alcuni parametri rispetto ad altri» (ad esempio l’Rt o la pressione sugli ospedali). Ma nessun reset. Il monitoraggio non è «un’alchimia misteriosa», dice Boccia, ma il prodotto di una cabina di regia «fatta da tecnici e scienziati», compresi «esponenti tecnici scelti dalle regioni». Un secco no dunque a «uscire dall’oggettività dei dati per entrare nella discrezionalità della politica».

UN INCONTRO TRA I GOVERNATORI e i due ministri per ora non è in agenda. «Ho la sensazione che ci sia la corsa a chi esce prima dalla condizione di restrizione: se ci stiamo una o due settimane in più non è un problema», avverte Boccia. Messaggio rivolto a Lombardia e Piemonte che premono per passare da zona rossa a arancione già venerdì. Boccia accusa: «A maggio c’erano tante cicale che volevano ripartire. Ci sono regioni che hanno sottovalutato la condizione generale, basta vedere chi ha fatto delibere per tenere aperte le discoteche».
Antonio Decaro, sindaco di Bari, ha aperto i lavori dell’assemblea dell’Anci chiedendo «scusa ai cittadini a nome di tutta la classe dirigente italiana. Perché non ci siamo mostrati adeguati a fronteggiare questa maledetta pandemia». «Ma questa non è una resa, l’Italia non si arrenderà».