Una lunga lettera per gettare la spugna. È durata 23 giorni la resistenza di Claudio Durigon, quanto la speranza che il clamore per la sua uscita del 4 agosto scorso a Latina, la famosa proposta di recuperare il nome Arnaldo Mussolini per il parco pubblico dedicato a Falcone e Borsellino, scivolasse tra le gaffe da dimenticare. Non è andata così e il sottosegretario all’economia è stato costretto alle dimissioni dal governo. Meglio il passo indietro “volontario” che subire la revoca, come Draghi ha spiegato lunedì a Salvini di essere pronto a fare. Anche in questo caso per evitare il peggio, cioè l’approvazione di una mozione parlamentare di censura contro il leghista nostalgico.

Salvini quella sera di inizio agosto era sul palco con Durigon che gli lasciò il microfono, il capo leghista non alzò un sopracciglio. Ma ieri sera il sottosegretario ma ha ammesso l’errore, anche se «in buona fede». Ripetendo che l’intenzione della sua «proposta toponomastica» era solo quella di «ricordare la storia di impegno e sacrificio» dei coloni veneti (come la sua famiglia) nell’agro pontino bonificato durante il fascismo. Sono «pronto a pagare il prezzo dei miei errori e soprattutto mi scuso», scrive Durigon. E, giura, «non sono e non sono mai stato fascista». Si dimette, però, «per evitare che la sinistra continui a occuparsi del passato che non torna». Conclude con una professione di fede in Salvini, «siamo tutti sostituibili tranne lui».

Salvini ringrazia del bel gesto fatto «per non rallentare il lavoro del governo» e promette a Durigon «nuovi incarichi» nella Lega. Ma non rinuncia alla polemica con la ministra dell’interno e con il leader dei 5 Stelle: «Contiamo che questo gesto induca a seria riflessione altri politici, al governo e non solo, che non si stanno dimostrando all’altezza del loro ruolo».