Trentacinque anni. Dieci più di quelli che «sperava» la difesa, ma venticinque meno di quelli che aveva chiesto l’accusa. Ci sono voluti meno di due minuti alla giudice colonnello Denise Lind per leggere la storica sentenza contro il soldato Bradley Manning. Un giovane che – come ha scritto il Guardian – ha «cambiato la storia» con la sua scelta di far filtrare a Wikileaks centinaia di migliaia di documenti fra cui il famoso video Collateral Murders. La sentenza è molto dura, ma nonostante tutto la giudice, che lo aveva già scagionato dall’accusa più grave (aiuto al nemico) e aveva decretato che nei primi mesi di detenzione aveva ricevuto un trattamento «inumano», sembra aver ascoltato la richiesta della difesa di dare una possibilità a Manning di poter «ricostruirsi una vita». Nel migliore dei casi, infatti, Manning potrebbe fare richiesta di libertà condizionata una volta scontato un terzo della condanna, anche se i calcoli esatti sul quanti anni dovrà ancora scontare il soldato prima di poter fare domanda sono discordanti. Al totale degli anni di condanna vanno comunque sottratti tre anni e mezzo, i 1294 giorni che ha passato già fra le sbarre, più 112 giorni che la corte marziale gli ha condonato per le torture ricevute. Manning verrà «congedato con disonore» dall’esercito e dovrà pagare tutte le spese legali, ma non dovrà pagare la multa di centomila dollari chiesta dall’accusa.
Wikileaks parla di una «vittoria strategica» anche se «il processo e l’imputazione di Manning sono un affronto ai concetti basilari di giustizia». La Russia invece parla di «misure ingiustificabilmente dure senza alcun riguardo per i diritti umani» e di «doppio standard».
L’appello, dato che la condanna è di più di un anno, è automatico. Prima però dovranno essere trascritti tutti gli atti del processo che la difesa dovrà controfirmare, pertanto questa fase potrebbe essere piuttosto lunga.
Il Guardian, giornale che ha seguito sia la vicenda Manning, sia la vicenda Snowden con particolare attenzione, parla di una sentenza «più dura di quanto non si aspettassero molti osservatori e più lunga di quanto sia mai stata comminata ad altre «talpe» del governo Usa». Il giornale riporta anche l’opinione di Yochai Benkler, professore di legge ad Harvard, che sostiene che «una sentenza di 35 anni costituisce una minaccia all’ordine costituzionale americano maggiore di qualsiasi rivelazione fatta da Manning».
L’avvocato di Manning, David Coombs, che aveva parlato con i giornalisti solo una volta nel 2010, ha tenuto una conferenza stampa alle 1330, ora di Fort Meade (in Virginia). Parlando di Manning come di «un uomo d’onore» che non meritava di essere congedato con «disonore», ha detto che fra i suoi clienti ha avuto «assassini e molestatori di bambini e nessuno ha ricevuto una pena tanto grave». Secondo l’avvocato, «se i media avessero avuto accesso a tutte le sessioni del processo, l’esito sarebbe stato diverso. Nulla di quanto ho ascoltato – ha aggiunto – meritava una sessione a porte chiuse». Smentendo che Julian Assange o Wikileaks abbiano fatto alcuna pressione su Manning («pura invenzione»), Coombs ha affermato che gli Stati uniti hanno un problema di «eccesso di classificazione»: «Non credo che sia necessario classificare 92 milioni di documenti», ha detto. L’avvocato, che alla fine dell’incontro ha ricevuto un applauso, ha promesso che si specializzerà negli intricati cavilli delle richieste di libertà vigilata fino a che non riuscirà a tirare fuori Manning.
Già la settimana prossima la difesa preparerà una richiesta di perdono presidenziale, mentre una petizione a Barack Obama è già online. Amnesty International ha chiesto al presidente che commuti la sentenza e lo liberi immediatamente. L’ong vuole che venga cambiata anche l’«antiquata» legge contro lo spionaggio per la quale è stato condannato il soldato.