Alla fine Petro Poroshenko ha ceduto e il duello finale di oggi con Vladimir Zelensky presso lo stadio olimpico di Kiev si farà.

I riflettori della stampa si accenderanno tutti lì questa sera. Intanto perché si tratta di una «prima volta» nella storia mondiale delle elezioni: il dibattito si terrà di fronte a un vasto pubblico che potrà reagire e interagire ai botta e risposta tra i due candidati.

UNA SORTA DI AGORÀ moderna del dibattito elettorale in cui però l’aspetto spettacolare e carismatico probabilmente sopravanzerà i contenuti programmatici dei due contendenti. I biglietti verranno distribuiti gratuitamente dai due quartier generali dei candidati ai loro «tifosi» mentre sugli spalti sono previste tre zone: due per i sostenitori dei due leader e una per i «neutrali».

Che tale separazione stile curve dei campionati di calcio possa funzionare però desta qualche dubbio.
Poroshenko, dopo che Zelensky domenica scorsa aveva dato buca al dibattito pubblico da lui proposto in Piazza Maidan, se l’era presa male e non avrebbe voluto esserci. Ma è dovuto tornare a Canossa: i sondaggi, impietosi, lo danno domenica sconfitto 70%-30% e questa sarà l’ultima possibilità per una rimonta ad oggi impensabile.

Il presidente uscente negli ultimi giorni ha cercato di giocare la carta dello statista europeo. È volato a Berlino da Merkel e insieme hanno fatto un appello per una Ucraina intangibile ma le differenze tra i due leaders sono comunque emerse: nel comunicato ufficiale infatti veniva sottolineato che «tra i due paesi permangono differenze di vedute su progetto di North Stream 2» il gasdotto russo-tedesco sul Mar Baltico in fase di costruzione della potenza di 55 miliardi di metri cubi di gas, e su come relazionarsi con il capo del Cremlino.

NEI CARTELLONI ELETTORALI Poroshenko ha abbandonato i richiami alla potenza dell’esercito e ha proposto un manifesto che ritrae lui e Putin di profilo: «O Poroshenko o lui» dice lo slogan, ma questa semplice parola d’ordine non sembra essere riuscita a far breccia nel cuore degli ucraini, quali per il 71% di un recente sondaggio desidererebbero migliori rapporti tra i due paesi slavi.

In Tv il «re del cioccolato» ha sostenuto di non avere nulla contro la lingua russa e di saperla parlare perfettamente ma è difficile che questo cambio di rotta sui diritti etnico-linguistici degli ucraini possa essere credibile dopo anni di propaganda a favore di una «completa ucrainizzazione» della nazione.

IL DIRITTO A CONTINUARE a parlare russo invece è stato uno dei cavalli di battaglia di Zelensky sin da subito. E il fatto di essere ebreo non ha ostacolato la sua campagna elettorale in un paese dove l’antisemitismo ha sempre allignato. Ha calcato la mano sull’unità di un paese multinazionale e con diversi credo religiosi, ma animato dalla voglia di risorgere. In questo senso il suo populismo non ha nulla di simile a quello di Trump: nessun tema divisivo e tanti buoni sentimenti.

Perfino il tema della corruzione, particolarmente sentito tra gli elettori, è stato affrontato con qualche battuto da consumato comico quale egli è. Nel suo spot finale lo si vede camminare insieme a tanti ucraini e affermare sicuro: «21 aprile, inizia una nuova epoca!».

La risposta dei creatori della campagna di Poroshenko è stata di pessimo gusto: camminando Zelensky viene investito e si riduce in polvere che viene sniffata via da una banconota arrotolata, riferimento esplicito al presunto debole dello show-man per la cocaina.

SE LE DIFFERENZE della loro proposte di politica estera sono emerse a sufficienza durante la campagna elettorale, quelle di politica economica e sociale sono restate sullo sfondo.

Si tratta di aspetti di cui forse gli ucraini volevano sentire parlare di più viste le condizioni in cui versa il paese. L’economia lo scorso anno è crescita del 3,3% soprattutto grazie ai prestiti a pioggia del Fmi e della Ue che sono serviti a sovvenzionare settori industriali decotti. I livelli salariali continuano a essere ben al di sotto degli standard europei: gli insegnanti guadagnano 100 euro al mese e le infermiere specializzate 130. Le pensioni minime si attestano a 30.

I MIGRANTI hanno toccato la cifra record di 7 milioni. Da questo punto di vista economico le proposte di Zelensky ricordano quelle del più classico dei neoliberismi: tassazione «bassa e semplificata» che potrebbe preludere alla flat-tax, zero prelievi per i giovani imprenditori, monetizzazione dei residui del welfare sovietico in tema di benefit per i pensionati.

Un programma «monetarista» attutito solo dalla promessa di salari europei per gli insegnanti e i militari di carriera. Più tradizionalmente welfaristico il programma di Poroshenko. Il presidente uscente vuole assegni per la maternità e l’infanzia e l’aumento dei salari minimi.