The Last Duel, il nuovo film di Ridley Scott, rispolvera «Le donne i cavallier, l’arme, gli amori» protagonisti nella Francia a cavallo, letteralmente, tra il 1370 e il 1386, l’arco di tempo della vicenda. Jean De Carrouges è un combattente nato. Analfabeta, ruvido, religioso, si ritiene predestinato per ereditare titolo e possedimenti del padre. E durante una battaglia salva la vita di Jacques Le Gris, di origini meno nobili, ma più colto perché aveva studiato come chierico. E i due diventano amici. Vedovo e senza risorse, Jean sposa la bellissima, giovane e ricca Marguerite de Thibouville. Ma Jacques è divenuto sodale e protetto del conte Pietro II d’Alençon, così riceve beni e privilegi che l’altro riteneva suoi, non gli resta che il rancore. E quando Marguerite rivela di essere stata violentata da Jacques non resta che il giudizio di dio: l’ultimo duello autorizzato dal Parlamento di Parigi.
La storia è raccontata nei resoconti custoditi in vari archivi, qualche anno fa Eric Jager ne ha tratto un libro che sta alla base della sceneggiatura scritta da Nicole Holofcener (raffinatissima autrice anche del curioso e originale Copia conforme) con Matt Damon e Ben Affleck (che si ritrovano sceneggiatori in coppia dopo oltre venti anni da Will Hunting – Genio ribelle).

E QUI c’è un primo escamotage geniale che rievoca il Rashomon di Kurosawa perché i fatti sono raccontati da tre diversi punti di vista. Prima quello di De Carrouges, poi quello di Le Gris, infine quello della de Thibouville. E quando si dipana la terza versione il film decolla decisamente. Perché, pur col senno di poi, le motivazioni che spingono Marguerite a denunciare la violenza sono davvero più vicine ai nostri tempi che a quelli dei fatti. La violenza sessuale allora era pratica diffusa e sottaciuta, perché in un mondo dove i maschi dominavano completamente la scena, sarebbe stato non solo inopportuno ma addirittura controproducente renderla pubblica. Il processo non approda a nulla, quindi il duello viene autorizzato con i due cavalieri che si scontrano, anche se la vera parte offesa è la donna, che deve assistere, costretta a tifare per un marito zoticone, altrimenti lei stessa finirà sul rogo. In fondo si tratta del Giudizio di dio, quindi se quello lassù decide che non c’è stato stupro, lei deve subirne le conseguenze. I documenti dicono che per seguire l’evento molti confluirono a Parigi, dove era stato allestito qualcosa di simile a uno stadio. Scott ha, giustamente, fatto ricorso alla grafica computerizzata, ma il suo film rimane molto materiale, fatto di sangue, sperma e sudore, e ci si augura che entrambi i contendenti facciano una brutta fine, lasciando libera quella donna costretta a subire per ruolo e consuetudine.

LA SCELTA di Marguerite viene presentata come di grande dignità in un mondo di pura ipocrisia, violento, prevaricatore. Nel racconto si sottolinea anche come lei, mentre lui è altrove a combattere si faccia carico dei raccolti, dell’allevamento dei cavalli e dei conti famigliari. Perfetta l’eburnea Jodie Comer, che si contrappone alla volgarità cicatrizzata di Matt Damon, mentre Adam Driver è il grosso Le Gris e Ben Affleck il conte beone, puttaniere e arrogante. Il rumore delle lance, delle spade, delle asce, le urla dei duellanti non possono però zittire la vera figura vincente, che, una volta tanto, è femminile.