Europa

Duello Macron-Le Pen, la distanza si accorcia

Duello Macron-Le Pen, la distanza si accorciaComizio di Emmanuel Macron a Spézet, in Bretagna – Ap

Corsa all’Eliseo Domenica il primo turno, 12 i candidati, rischio astensione record. La leader del Rassemblement national guadagna punti, Mélenchon prova a insinuarsi

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 7 aprile 2022

A tre giorni dal primo turno delle presidenziali, come mai nel passato, l’incertezza domina, i sondaggi rilevano una forte tendenza all’astensione, mentre un terzo degli elettori è ancora indeciso, tra spinte al «voto utile» o al «voto per difetto», dopo una campagna sotto la cappa della guerra, delle notizie sui massacri russi, ancora frenata dalla pandemia Covid non del tutto finita.

Ci sono 12 candidati (7 dei quali già presenti nel 2017, alcuni addirittura nel 2012), sulla carta tutte le tendenze sono rappresentate, ma la Francia vive una lunga discesa di «usura democratica», analizza lo studioso Pierre Rosanvallon, in un clima «crepuscolare» i cittadini assistono a una nuova tappa della dissoluzione dei partiti tradizionali dell’alternanza – Ps e destra che si rivendica del neo-gollismo – mentre l’irruzione della novità Macron del 2017 si è ormai logorata nella gestione del potere.

Tra incertezza del momento, paura del futuro, assenza di forti elementi di speranza, il ripiego verso la narrazione di un passato illusorio sta portando al primo posto nelle intenzioni di voto un blocco di estrema destra, anche se non omogeneo, ormai intorno al 35%, che fa correre il rischio di una bomba al secondo turno del 24 aprile: la possibilità di una vittoria di Marine Le Pen, la distanza nell’eventualità di un ballottaggio con Macron si erode giorno dopo giorno e ormai è di pochi punti.

A scuotere la previsione di una ripetizione del duello del 2017, Macron-Le Pen, che incoraggia l’astensione, smuove le acque l’obiettivo che potrebbe essere a portata di mano della qualificazione di Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, che sogna un «effetto Dracula», che illumina la scena e mostra le crepe della realtà in corso, nel migliore dei casi con l’eliminazione di Le Pen al primo turno, per poi sfidare Macron al ballottaggio.

LA SINISTRA. Mélenchon si è autodefinito «tartaruga sagace», che guadagna terreno progressivamente. Il vecchio leader, per il momento, ha sbaragliato i concorrenti a sinistra e chiama al «voto efficace» i residui elettori del Ps (Anne Hidalgo è crollata al 2%, in causa la delusione della presidenza Hollande), con un progetto sull’ecologia cerca di attirare quelli rimasti fedeli agli ecologisti di Eelv (Yannick Jadot non riesce ad approfittare dell’allarme climatico ed è fermo intorno al 5-6%). Ma con il 16% nelle intenzioni di voto è lontano dalla «più grande biforcazione politica» che vede all’orizzonte, dietro Le Pen (21,5), deve fare i conti con la presenza del Pcf, che questa volta corre da solo con Fabien Roussel (intorno al 3%) e una campagna che ripropone le grandi linee del vecchio buon senso popolare, mentre qualche decimale del voto di sinistra resta fedele ai due candidati trotzkisti, Philippe Poutou del Npa e Nathalie Artaud di Lo.

Hidalgo e Jadot hanno attaccato Mélenchon sulla posizione geopolitica, sottolineando le «compiacenze» con la Russia di Putin, la timidezza della difesa della resistenza ucraina.

Mélenchon si rivolge alle classi popolari, che vuole strappare all’estrema destra: pensione a 60 anni, «umanità» nella società, aumento del salario minimo, blocco dei prezzi contro l’inflazione, «pianificazione ecologica», preservazione dell’Educazione nazionale, diffidenza verso la Ue. Martedì sera, Mélenchon si è moltiplicato, con un comizio di persona e 11 altri in contemporanea sotto forma di ologramma in varie città francesi, per raggiungere da vicino il 37% dei francesi che si dice «in collera» e il 55% di «scontenti».

L’ESTREMA DESTRA. A questi «arrabbiati» e «scontenti», per creare un «blocco popolare» si rivolge Marine Le Pen del Rassemblement national, che ha concentrato la campagna sul potere d’acquisto, nascondendo così i legami con Putin dietro il paravento della difesa del livello di vita delle classi medio-basse, a cominciare dalla benzina e dal gas. Marine Le Pen è riuscita a cambiare la sua immagine, ormai il 53% dei francesi ritiene che sia legata ai valori democratici.

Questa svolta la deve alla radicalità di Eric Zemmour, il polemista televisivo che mesi fa sembrava la stella nascente dell’estrema destra destinato a sostituire Le Pen.

Ma Zemmour, che continua a proporre un’unione delle destre (con parte dei Républicains) e ha ricevuto l’appoggio della nipote Le Pen, Marion Maréchal, sulla base di una posizione liberista in economia, difende posizioni ultra-radicali sull’identità e l’immigrazione. Così, mentre Zemmour tuona contro la «grande sostituzione» di popolazione (una «colonizzazione» della Francia da parte degli immigrati, che vuole allontanare), Le Pen parla di «sostituzione delle nostre abitudini e delle nostre leggi». Ed evita di insistere sul referendum sulla «priorità nazionale» (per il lavoro, la casa ecc.) che sarà la sua prima decisione in caso di vittoria.

MACRON. Con Jadot e, a bassa intensità, Hidalgo, il presidente-candidato è rimasto solo a difendere l’Europa. È la sua carta, debole, in un paese diffidente verso Bruxelles.

Occupato dalla guerra in Ucraina, ha fatto poca campagna, con proposte a destra (pensione a 65 anni, condizionalità per il versamento del reddito di solidarietà), che contribuiscono al calo della candidata Lr, Valérie Pécresse (8,5). Ha persino rubato uno slogan ai trotzkisti – «Le nostre vite valgono più dei loro profitti» – per correggere il tiro.

Ma alcuni scandali, polemiche e tensioni stanno minando le ultime ore prima del voto, dopo aver scosso i 5 anni di presidenza (a cominciare dai gilet gialli): l’abuso delle consulenze, in particolare della McKinsey (che non ha neppure pagato le tasse), la violenza in Corsica, la morte del giovane Jérémy Cohen a Bobigny, che l’estrema destra denuncia come un crimine antisemita perpetrato nella banlieue, la denuncia contro lo stato della famiglia del professore Samuel Paty, sgozzato da un jihadista, per «non assistenza».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento