Contro le impronte digitali ai dirigenti scolastici i sindacati hanno già raccolto 200 mila firme tra email e lettere. Puntano ad arrivare a 500 mila e chiedono il ritiro del provvedimento dal «decreto concretezza». «Stiamo impacchettando le impronte e le consegneremo per censire quanti presidi ci sono: probabilmente la ministra della P.A. Giulia Bongiorno neppure lo sa» sostiene Maddalena Gissi (Cisl Scuola). Francesco Sinopoli (Flc Cgil) chiede la «totale esclusione dall’obbligo di verifica biometrica dell’identità». «Sono misure inapplicabili che la scuola non merita» ha aggiunto Pino Turi (Uil Scuola).

I sindacati stanno pensando anche a un presidio davanti al Senato quando il decreto arriverà al voto in aula. Sarà colpito anche il personale Ata sottoposto agli stessi controlli del resto della P.A. «Diciamo no a un’altra forma di disprezzo – ha aggiunto Gissi – Chi lavora nella scuola non può essere annoverato tra i fannulloni». La segretaria Fp Cgil Serena Sorrentino ha sfidato la ministra Bongiorno a convocare un referendum: «È in difficoltà nel giustificare un provvedimento demagogico col presunto sostegno dei lavoratori. Le vere priorità sono contratti, assunzioni e risorse».

Per il ministro dell’istruzione Marco Bussetti le impronte digitali sono «una questione di trasparenza per verificare la presenza e non per misurare l’orario di lavoro che non è previsto per i dirigenti». Bussetti ha rinviato al decreto che attuerà le nuove norme e si è detto convinto che risulteranno infondate. Luigi Gallo, presidente M5S della Commissione Cultura della Camera, ha criticato la ministra Bongiorno: «Ha la testa dura – ha detto – a mantenere uno strumento inutile e costoso». Anna Ascani (Pd) ha chiesto a M5S di votare contro il loro governo nel passaggio al Senato del «decreto concretezza»: «Altrimenti saremo di fronte a una nuova ipocrisia e alla conferma che a comandare nel governo è Salvini».

Potrebbe anche andare a finire cosi, con un decreto che diluirà la norma sino a fare perdere le tracce dopo le europee.