Tra qualche giorno, se il meteo sarà clemente e la quasi-guerra con l’India consentirà agli elicotteri pakistani di volare, qualcuno guarderà da vicino il Nanga Parbat. Potrebbe essere Ali Sadpara, Rahmat Ullah Baig o un altro alpinista, a osservare le sagome scoperte l’altro ieri sullo Sperone Mummery da Alex Txikon, e che sembrano (le foto sono rimaste segrete, com’è giusto) due alpinisti deceduti. Se Dio vuole – Insh’Allah – in futuro scopriremo cos’è accaduto a Daniele Nardi e Tom Ballard, impegnati d’inverno sullo sperone di roccia e ghiaccio dove sono scomparsi nel 1895 l’inglese Albert Frederick Mummery e nel 1970 l’altoatesino Günther Messner. Ma non c’è dubbio, purtroppo, che la vicenda dei due alpinisti si sia conclusa nel peggiore dei modi.

I contatti di Tom e Daniele con il campo-base si sono interrotti la sera del 24 febbraio, quando i telefoni satellitari degli alpinisti non hanno più chiamato né risposto. Il tempo nelle notti successive è stato bello, ma nessuna pila frontale si è accesa per inviare un segnale al campo-base. I soccorsi sono stati allertati subito, grazie al team di Nardi, ad Agostino Da Polenza del Comitato Ev-K2-CNR, e agli ambasciatori d’Italia e di Gran Bretagna a Islamabad. Ma la burocrazia pakistana e gli scontri tra il Pakistan e l’India hanno causato ritardi. Il primo elicottero, con a bordo Ali Sadpara, è decollato con 24 ore di ritardo per la chiusura dello spazio aereo pakistano a causa della tensione con l’India, e della necessità di ottenere un permesso speciale.

Durante il volo, l’alpinista pakistano ha individuato e fotografato i resti di una tenda. Il secondo volo, che ha portato dal K2 al Nanga Parbat l’alpinista basco Alex Txikon, i suoi compagni di spedizione e i suoi droni, ha perso altre 24 ore perché l’agenzia pakistana che gestisce i voli in montagna ha voluto un pagamento anticipato di 50 mila dollari. Domenica, in un’intervista al Sunday Times, Stefania Pederiva, la compagna di Tom Ballard, ha ammesso «non c’è più nessuna speranza, è finita». Lo stesso giorno, tramite il sito www.gofundme.com, la ragazza di Vigo di Fassa ha lanciato una raccolta di fondi che in cinque giorni ha totalizzato 150 mila euro. Quando gli elicotteri sono finalmente decollati Alex Txikon, insieme a Felix Criado, Ali Sadpara e Rahmat Ullah Baig, ha lavorato per due giorni sul Nanga Parbat. È salito al campo I di Nardi e Ballard, ha tentato di raggiungere il campo II, ha fatto volare i suoi droni (perdendone uno) accanto allo Sperone Mummery.

Txikon pensava di aver concluso il suo lavoro martedì sera. Mercoledì, invece di ripartire per Skardu, ha dedicato un’altra giornata a perlustrare con i droni la via Kinshofer, lungo la quale Tom e Daniele sarebbero potuto scendere se avessero completato lo Sperone. Mercoledì sera, il sito Montagna.tv e la pagina Facebook di Txikon hanno annunciato che la ricerca era finita, e che il team sarebbe sceso a valle. Invece, nella notte, il basco ha postato su Twitter una notizia diversa. Il giorno prima, con il suo cannocchiale, aveva scoperto sullo Sperone Mummery «due sagome che avrebbero potuto essere umane».

Ieri è stata un’altra giornata di notizie contraddittorie e tensione. Stavolta, però, l’ambasciatore Stefano Pontecorvo non è riuscito a ottenere che l’esercito pakistano concedesse un elicottero per un volo di ricognizione sul Nanga. Alex Txikon e i suoi, per non restare bloccati, hanno iniziato a scendere a piedi dal campo-base verso la Karakorum Highway, Chilas e un tentativo di salita invernale del K2. Sul Nanga Parbat restano il gelo e il silenzio. E due sagome misteriose, tra roccia e neve, che forse possono raccontare una tragedia.