Calciatori, tocca a voi. Inizia la partita personale e collettiva contro il Covid-19. Contro i presidenti di club, contro le istituzioni del pallone, silenziose, troppo attratte dall’esigenza di riempire le casse. Una partita a tutela della salute, contro potenziali focolai. Il secondo giro di tamponi – nel primo, tutti negativi – a cui è stato sottoposto il Napoli, dopo il flusso di positivi in casa Genoa (ora sono 19) dopo la partita dello scorso turno di campionato, ha portato alla positività del centrocampista Piotr Zielinski e di un collaboratore della società azzurra. Entrambi asintomatici, sempre presenti agli allenamenti settimanali del Napoli.

Due casi che fanno tremare la società di De Laurentiis e non solo. In attesa del terzo giro di tamponi (a sei giorni da Napoli-Genoa) per la rosa napoletana che sarà effettuato questa mattina (forse con risultati in giornata), non possono non sorgere ombre su Juventus-Napoli che si dovrebbe giocare domani sera. Il virus tra gli atleti allenati da Rino Gattuso circola e la dinamica dei fatti sta ripercorrendo l’iter avvenuto al Genoa: un positivo, poi due, con un atleta contagiato a ridosso della partita con gli azzurri e poi casi Covid-19 a decine nel test successivo alla gara.

Alcuni atleti neppure asintomatici. Il rischio concreto è che in Juve-Napoli si ripeta la sceneggiatura, che si sviluppi un cluster, con i calciatori delle due squadre che poi partiranno per le nazionali. In giro per il mondo con il potenziale virus nelle valigie. Insomma, se il sistema calcio (Lega di A e Figc) scova sotterfugi, come la possibilità di rinviare una gara per un’unica volta una se si sviluppassero oltre dieci positivi in una settimana, accodandosi a una norma dell’Uefa rigida e che non tiene conto che il calcio non è avulso dalla vita reale, tocca agli atleti alzare la voce. Se il Napoli fosse costretto a giocare a Torino con otto-nove positivi rimasti in quarantena dopo una settimana di allenamenti collettivi, i colleghi della Juventus non sarebbero ugualmente a rischio, anche se il club azzurro non avesse violato il regolamento voluto dalla Lega di A?

Tocca dunque a loro ribellarsi, anche rifiutandosi di giocare, sfidare il sistema sordo, chiedendo il rinvio di Juve-Napoli. Sedendosi poi al tavolo per chiedere la revisione del calendario compresso tra campionato, coppe e nazionali come se il Covid-19 non esistesse ormai da mesi. Oppure per la revisione del protocollo sulla frequenza dei tamponi, che ora impone – anche su richiesta degli stessi atleti – un test solo a 48 ore dalla gara: in precedenza, con tamponi ogni quattro giorni, i positivi potevano essere intercettati prima e quindi isolati dal gruppo, senza focolai.

Insomma, voce agli atleti, a meno che non siano il Governo – che sta preparando il dpcm con la stretta sugli eventi sportivi e non al chiuso (ora accesso consentito per massimo 200 persone) – oppure le Asl, i Prefetti a intervenire, sostituendosi a Lega di A e Figc, per evitare lo sviluppo di un focolaio per una partita di pallone non rinviata.