A Bologna (dal 10 aprile) ci sarà un omaggio a Alain Resnais con la proiezione del suo ultimo film, premiato alla Berlinale, Aimer, boire et chanter. Un film in cui il regista spinge all’estremo la sua riflessione sul cinema, l’immagine e la rappresentazione, il vero e il falso che si confondono, la teatralità e il movimento delle immagini. E dei sentimenti, delle parole, di quei non detti che accompagnano le vite dei personaggi tra i fiori di giardini stilizzati e le quinte di una parete casalinga. Nelle chiacchiere melanconiche sulla morte, il vecchio amico scoperto malato terminale, che non vedremo mai, con la sua imminente eterna assenza li costringe a tornare sulle proprie esistenze. Un gioco libero, ironico e delicato.
A Roma invece i Rendez-vous del cinema francese presentano solo Hiroshima mon amour, la rassegna nella capitale in corso questi giorni, unisce proposte differenziate – lo scopo del resto è quello di promuovere il prodotto nazionale – che appunto circuiteranno in Italia con titoli che cambiano da città a città – informazioni institutfrancais-italia.com/it/cinema-e-tv/festival/festival-rendez-vous-appuntamento-con-il-nuovo-cinema-francese-2014
Molto si scommette sui registi delle nuove generazioni, spesso sostenuti e coccolatissimi dalla critica d’oltralpe che per certi versi continua a dividere, come negli anni degli scontri più accaniti della cinefilia, il proprio cinema in «famiglie». A quale appartiene per esempio Serge Bozon di cui viene presentato a Roma oggi Tip Top? Il film, che era lo scorso anno alla Quinzaine, è stato adorato dalla critica nazionale, il quotidiano Libération lo ha messo tra i film dell’anno con queste motivazioni: «Polar patafisico che stropiccia gli abiti tagliati e stirati con troppa cura del cinema francese. Isabelle Huppert e Sandrine Kiberlain, duo comico dell’anno».
Di certo Bozon è uno dei «ragazzi prodigio» prediletti dalla critica di tendenza sin dai primi film, Mods (2002) scritto insieme a Axelle Ropert – di cui la rassegna mostra il film da regista Tirez la langue mademoiselle – divenuto subito oggetto di «culto» cinefilo-chic, – al punto che criticarlo appare un modo per farsi notare, fino a La France (2007), in cui ritorna sulla prima guerra mondiale. Bozon come molti registi francesi (lezione Nouvelle vague) arriva dalla critica, formazione nella rivista Trafic di Jean Claude Biette, e poi in La Lettre du cinéma con Vincent Dieutre e Fitoussi. È attore e regista
Tip Top è una commedia. O un neopolar. O molte altre cose insieme visto che Bozon si diverte esplicitamente a schiaffeggiare i codici dei generi. Giocando su toni esasperati, paradossi linguistici anche difficili da cogliere perché estremamente radicati nella cultura collettiva del suo paese. Dice il regista: «Forse Tip Top puo apparire un po’ brusco, persino lapidario ma il suo punto forza è proprio questo aspetto. Non si parla di un tema specifico, l’Algeria o l’immigrazione o ancora la primavera araba, ma del modo in cui questi argomenti entrano nella scoietà francese, e in qualche modo la storidiscono proprio come accade ai personaggi. Per questo la scelta degli attori è stata quasi istintiva: avevo da subito infatti la convinzione che se avessi affidato agli attori francesi i ruoli che interpretano gli attori maghrebini, il film sarebbe risultato meno contemporaneo, più cinefilo e più ordinario».
Di che si parla dunque? La storia è semplice. Un vecchio poliziotti algerino, che è informatore della polizia, viene ucciso in una piccola città nel nord della Francia, Villeneuve. Due ispettrici Esther (Isabelle Huppert) e Sally (Sandrine Kiberlain), arrivano da Parigi per condurre l’inchiesta. Mendes (François Damiens), poliziotto locale con pochi scrupoli cerca di piazzare un nuovo informatore per arrivare alla soluzione del caso. Nadal, un giornalista appassionato di scandali indaga per suo conto, scoprendo anche i segreti delle due ispettrici: una si eccita col voyeurismo sessuale, l’altra ama pratiche sadomaso col marito violinista (Samy Naceri).
Bozon mette gli attori alla prova, li spinge al limite, li fa parlare con una lingua velocissima, li costringe a una mutazione quasi in tempo reale. Si parla di razzismo, di algerini, di Francia usando il paradosso. Anche contro il buon gusto.