Il Sud degli Usa nel 1962 non è un buon posto per chi è nero. A Washington cercano di darsi da fare per combattere la segregazione, gli stessi afroamericani, pur con comportamenti diversi, hanno deciso di averne abbastanza e di lottare per i diritti civili e una vita diversa. Ma laggiù non mollano. In questo contesto si colloca la storia. Che prende il titolo da The Negro Motorist Green Book, un manuale nato nel 1936 per aiutare i neri a evitare guai girando per gli stati del Sud. Quindi alberghi, ristoranti, normative per non incorrere nei rigori della legge discriminatoria.

PROTAGONISTI della storia sono invece due personaggi agli antipodi. Tony Vallelonga è un grezzo italoamericano razzista del Bronx, campa di pregiudizi e ai confini della legalità mafiosa come buttafuori di un locale. Soprannominato Lip, labbro, perché incapace di stare zitto, qualsiasi cosa gli viene in mente esce direttamente dalla sua bocca, infischiandosene delle conseguenze e facendo leva sulla sua stazza. Don Shirley è un raffinato afroamericano, pianista gay, coccolato dall’intellighenzia, abita nei locali sovrastanti la Carnegie Hall circondato dal lusso e dal prestigio conquistato grazie a un talento musicale sconfinato. E Shirley ha fatto la sua scelta: una tournée negli stati del Sud. Ha bisogno di un autista in grado di fare anche da guardia del corpo, all’occorrenza.

Ecco perché si incontrano. E partono per un’avventura unica che li cambierà. Ogni luogo comune è ribaltato. Il nero non ha mai mangiato il Kentucky fried chicken, il bianco fuma, rutta, getta i rifiuti dal finestrino. Poi però quando arrivano a destinazione il pianista può andare solo in certi hotel, l’autista invece viene trattato da… bianco. Ne succedono di tutti colori, ma soprattutto a Shirley, in un film che talvolta perde un po’ il filo, ma ha una storia talmente forte e prepotente che questo appare come una cosa da poco. A dirigere questa singolare vicenda è Peter Farrelly, sì, proprio quello che in coppia col fratello Bobby ha saputo regalarci Tutti pazzi per Mary e altri titoli simpaticamente demenziali. E forse Peter era proprio la persona adatta per alleggerire con toni da commedia una storia dai risvolti a tratti davvero odiosi e drammatici, senza per questo stravolgerne il senso complessivo.

MERITI da condividere con gli sceneggiatori Brian Curry e Nick Vallelonga, figlio di Tony che non solo ha conosciuto Shirley ma ha potuto sentire direttamente dal debordante padre le incredibili storie di una vita singolare. Poi ci sono gli interpreti, superbi. Mahershala Ali è davvero sublime nei panni dell’eccentrico talentuoso e ipercontrollato che con quella tournée vuole portare il suo personale contributo alla lotta per i diritti civili (per dare un’idea in quei luoghi qualche tempo prima il grande Nat King Cole era stato trascinato giù dal palco e massacrato di botte perché nero). Viggo Mortensen è altrettanto sublime nel dare corpo sovrappeso al suo personaggio sopra le righe, odioso e spontaneo (potendo entrambi andrebbero visti in originale). La tournée, vera, durò circa un anno, i due dopo le diffidenze iniziali diventarono, a modo loro, amici per una vita, sino a quando se ne sono andati uno dopo l’altro nel 2013. Tre Golden Globe e cinque nomination agli Oscar, non male.