Nel pomeriggio di ieri la Corte suprema indiana ha annunciato di voler collaborare con l’Italia nel procedimento di arbitrato internazionale per il caso dei due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone attivato dalla Farnesina lo scorso 26 giugno. L’annuncio arriva dopo che nel weekend il quotidiano indiano Hindustan Times aveva riportato indiscrezioni provenienti da ambienti governativi che lasciavano intendere come l’India, in quanto aderente alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (Unclos), non potesse opporsi alla richiesta di arbitrato internazionale.

L’arbitrato prevede che un pool di giudici terzi, probabilmente all’interno del Tribunale internazionale dell’Aja, decida chi tra India e Italia abbia la giurisdizione esclusiva per procedere con l’apertura del processo che vede i due fucilieri italiani accusati della morte di Ajesh Binki e Valentine Jelastine, due pescatori indiani secondo le ricostruzioni della scientifica indiana colpiti da proiettili esplosi dalla petroliera italiana Enrica Lexie nel febbraio del 2012. L’arbitrato, dunque, non si occuperà del merito delle accuse, bensì individuerà chi, tra la giustizia indiana e quella italiana, sarà chiamata a farlo. Secondo diversi esperti consultati nei mesi scorsi da il manifesto, i tempi per una sentenza dell’arbitrato variano tra i due e i tre anni. Accettando il giudizio terzo sulla giurisdizione del caso, ora l’India è chiamata a nominare un giudice di parte entro 30 giorni dalla notifica di apertura del procedimento per l’arbitrato (che New Delhi ha ricevuto, non è chiaro se il 26 giugno stesso); in caso contrario, l’Italia può chiedere che ne venga nominato uno d’ufficio, entro 15 giorni dalla scadenza dei 30 precedenti.

La Corte suprema ha disposto inoltre una nuova estensione di sei mesi della licenza accordata a Massimiliano Latorre, in Italia dal settembre scorso in seguito a un attacco ischemico di cui ha sofferto a New Delhi. L’estensione è stata accordata a due giorni dalla scadenza entro la quale Latorre avrebbe dovuto fare ritorno in India, fissata per il prossimo 15 luglio. Dalla prima estensione della licenza, nel mese di gennaio, a quest’ultima, la Corte suprema ha prolungato per quattro volte il permesso iniziale per «motivi umanitari» richiesto dalla difesa italiana per il fuciliere di Marina, portandolo a un totale di un anno e tre mesi. Durante il periodo di riabilitazione in Italia, Massimiliano Latorre si è sottoposto a un intervento al cuore «di routine» per scongiurare ulteriori complicazioni post trauma.
Salvatore Girone alloggia invece ancora nelle strutture dell’Ambasciata italiana a New Delhi in regime di semilibertà, con obbligo di firma settimanale presso la stazione di polizia di Chanakyapuri, il quartiere diplomatico della capitale indiana. La Farnesina, aprendo il procedimento per l’arbitrato alla fine del mese scorso, in un comunicato aveva spiegato che «l’Italia chiederà immediatamente l’allicazione di misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in Patria di Girone nelle more dell’iter della procedura arbitrale».

Se l’eventualità di un ritorno in India di Latorre è stata definitivamente scongiurata con la sentenza di ieri, la sorte di Girone rimane legata al buon esito delle fasi iniziali di formazione della Corte terza all’Aja. La questione del suo rientro in Italia non è stata infatti ancora avanzata dai legali italiani, probabilmente in attesa di sollevare il tema direttamente all’Aja.