Due madri. Due solitudini. Sono i poli da cui si dipana Per un figlio, opera prima di Suranga Deshapriya Katugampala, una storia di riflessi, di specularità, da cui viene escluso il terzo elemento possibile: «due donne». Già perché le protagoniste, Sunita (Kaushalya Fernando), badante cingalese e l’anziana signora invalida (Nella Pozzerle) di cui si occupa sono viste, e rappresentate, soltanto in una dimensione «maternale», che pure nella distanza della loro condizione le fa sentire vicine. La prima con un figlio adolescente che la detesta perché il lavoro l’ha costretta a allontanarsi da lui. La seconda che ai figli ha dedicato la vita eppure pagano qualcuno che la curi. Tristezza, sconforto, frustrazione.

Sunita nutre la rabbia stupida del figlio col suo senso di colpa, amorevole fino al sacrificio di dormire sulla sedia per lasciargli l’unico letto. Il ragazzo (Julian Wejesekara) è ossessionato da tette materne e corpi femminili, come la dirimpettaia, diviso tra l’astio e un amore per la madre che reprime.

Katunigampala conduce la storia con sicurezza di scrittura, restituendo con precisione le atmosfere della provincia italiana a nord, dove si svolge il film, permeata da vuoto, desolazione, tempo da ammazzare senza desideri.Un nodo di spaesamenti interiori in cui confluisce anche il sentimento dell’appartenenza, il rifiuto del figlio di Sunita della propria cultura.

Eppure in questo svolgimento dove tutto sembra essere collocato al punto giusto si avverte una mancanza, forse il guizzo di un’invenzione, di passaggio grezzo, goffo persino ma capace di rompere la griglia del racconto con un soffio di una vitalità.